Il «tempo della fine» di Angela Merkel, la nuova minaccia di sfasciare l’Union del «pericolo» Horst Seehofer, e il veto al ritorno alle urne del vice-cancelliere della Spd. Senza contare i «colloqui» sotterranei di «Mutti» con i Verdi per sostituire la Csu nel suo quarto governo, e le elezioni autunnali in Baviera che condizionano piani e vertici sui migranti ben più degli sbarchi dei richiedenti-asilo. In fila, all’attenzione dei capi di governo Ue riuniti oggi per la «soluzione europea», i nodi di politica interna che la Germania – esattamente come tutti gli altri Paesi – porta in dote a Bruxelles.

Riassumono il motivo per cui Berlino non può essere la capofila della «Neue Europa» promessa a Roma e Parigi, ma solo il terminal dei vecchi problemi tedeschi, che stanno venendo al pettine tutti insieme. Di prioritario, nel Paese che più d’ogni altro dipende dal mini-summit di oggi, c’è la sopravvivenza dei partiti. Non solo di governo.

Fa rumore la copertina di Der Spiegel dedicata all’«Endzeit» di Merkel, e ancor più la sua minaccia di «licenziamento» a Seehofer, che replica così sulla Süddeutsche Zeitung. «Nella cancelleria una zanzara è stata trasformata in elefante. È molto insolito che la leader della coalizione minacci il partner di governo impugnando la competenza sul piano migranti. Non lo sopporteremo» avverte il ministro bavarese. Prima di ribadire l’ultimatum congelato nella tregua di 15 giorni pattuita con Merkel a inizio settimana: «Se il vertice non fornirà soluzioni efficaci, i migranti registrati in un altro Paese Ue verranno respinti alla frontiera».

In pratica significa che da luglio «la Germania dovrà essere in grado di bloccare materialmente i migranti, estendendo i controlli oltre gli attuali tre attuali valichi fissi al confine della Baviera» anticipa il leader Csu. Per ora l’unico muro visibile è quello alzato contro di lui dalla Spd. Ieri a Bochum dal palco della convention del Nordreno-Vestfalia, la segretaria socialdemocratica Andrea Nahles ha scandito: «Seehofer è un pericolo per l’Europa» e ricordato che «insieme al governatore bavarese Markus Söder è sulla strada per la Brexit tedesca».

Martedì a Berlino è fissata la riunione-chiave della Grande coalizione. Dai quartieri generali dei tre alleati di governo trapelano le indiscrezioni sui preparativi allo scenario pre-elettorale in caso di spaccatura dell’Union. Anche se non sono in molti a crederci veramente. Il vice-cancelliere Spd Olaf Scholz (il numero due del governo) respinge fermamente l’ipotesi di elezioni anticipate. «I tedeschi hanno già votato e noi abbiamo ricevuto il mandato per guidare il Paese. La spaccatura Cdu-Csu è un danno per la Germania, ma il governo deve attenersi al contratto di coalizione».

Per questo Merkel starebbe elaborando il piano-B per restare al governo con l’appoggio dei Verdi. Secondo il magazine Focus gli «sherpa» della cancelliera vagliano l’eventuale appoggio degli ecologisti in sostituzione dei cristiano-sociali.
Al di là delle scontate resistenze nei Verdi, il partito d’opposizione è scosso dalla crisi-migranti quasi quanto la Cdu. La presidente dei Grünen di Berlino, Nina Stahr ha attaccato il sindaco Verde di Tubinga, Boris Palmer, attivo nella «politica delle porte chiuse» ai profughi. «Incita all’odio razziale, contribuisce a rendere il Paese xenofobo». E non da ora. Nel 2015 Palmer chiese di tutelare con le armi le frontiere Ue.