In Etiopia, un pasto che abbia una quantità sufficiente di macro e micronutrienti costa fino a quattro volte di più rispetto a una dieta che soddisfa il solo fabbisogno in calorie. Così, considerando il potere d’acquisto (che è una questione di prezzi e reddito), nel paese si stima che mentre il 93% delle famiglie ha le risorse per procurarsi una quantità sufficiente di cereali – teff, frumento mais o sorgo -, la percentuale di chi può accedere ad alimenti ricchi in vitamine, oligoelementi, proteine, lipidi è fino a quattro volte inferiore, e scende fino al 20% nelle regioni Somali, Gambella e Afar.

I PROGRAMMI DI AIUTO alimentare continuano a esprimersi in kilocalorie, anche se molti cibi vengono fortificati. Eppure, «secondo l’iniziativa Cost of Hunger in Africa, guidata dalla Commissione dell’Unione africana, in Etiopia la malnutrizione costa il 13,5% del prodotto interno lordo», spiega da Addis Abeba Filippo Dibari, nutrizionista ed esperto in sanità pubblica che lavora per il Programma alimentare mondiale (Wfp) ed è coautore del bollettino Cost and affordability of nutritious diet bulletin. La pubblicazione, prodotta dall’istituto governativo Ethiopian Public Health Institute e preparato con il sostegno tecnico del Wfp e della sua analisi Fill the Nutrient Gap (Fng), aiuta a capire la sfida nutrizionale in un popoloso paese africano che spesso affronta emergenze. Il 2020 le ha viste tutte: effetti collaterali della crisi sanitaria Covid-19, locuste, alluvioni, siccità, conflitti.
L’accesso al cibo avviene attraverso gli acquisti in ambito urbano o, prevalentemente, l’autoproduzione nelle aree rurali. Nel primo caso, dipendendo dalle difficoltà e dai prezzi delle filiere di approvvigionamento, le famiglie a basso reddito hanno sofferto in modo particolare l’impatto economico-logistico della crisi sanitaria.
GLI AGRICOLTORI, INVECE, sono soggetti alle alee climatiche e naturali. Dal giugno 2020 in poi molte regioni sono state devastate dalle locuste, giunte in piena stagione del raccolto, distruggendolo. In questi casi, una volta finite le scorte di cereali e legumi, non ci sono nuove risorse alle quali attingere. Nello stesso periodo gravi inondazioni hanno colpito in particolare le regioni Ahmara e Oromia, provocando altri danni all’agricoltura, morti di animali, distruzioni delle infrastrutture e spostamento di molte famiglie.
QUANDO IN UN’AREA e in un paese la maggioranza degli abitanti è economicamente incapace di procurarsi cibo nutriente, sono vitali i programmi di integrazione del reddito come lo statale Psnp, che fra luci e ombre è il secondo per grandezza in Africa, e ovviamente gli aiuti alimentari a situazioni e famiglie in difficoltà.
Un progetto significativo è stato sperimentato in Etiopia durante la crisi da Covid-19: il Wfp ha applicato una formula antica, all’insegna della filiera corta, ma declinata nella modernità: un voucher inviato tramite cellulare alle famiglie vulnerabili, che possono spendere la somma in ortofrutta e uova presso i mercati locali.