Cosa c’è da sapere di fronte a un robot scrittore
Express La rubrica della cultura che fa il giro del mondo
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Qualche settimana fa si è parlato molto anche in Italia di un articolo pubblicato sul Guardian e scritto da GPT3, un generatore di parole – un robot, insomma. La notizia (una non-notizia, in realtà, dal momento che quella che chiamiamo «intelligenza artificiale» è da tempo in grado di produrre testi relativamente elaborati) è stata ripresa dai media di tutto il mondo, anche se pochi hanno rilevato che l’articolo era stato riveduto e corretto da redattori in carne e ossa, i quali non si sono trattenuti dal lanciare una frecciata ai loro collaboratori abituali: «Nel complesso, l’editing del pezzo è stato più veloce di quanto non succeda con molti commenti scritti da umani».
Che i robot scrittori, e soprattutto quelli che ne fanno uso, siano pronti a invadere non solo i giornali e i siti di informazione ma anche le librerie, è dimostrato dalla recente attribuzione del premio EspasaEsPoesía – destinato agli autori di lingua spagnola sotto i 35 anni – a un tizio, Rafael Cabaliere, a cui nessuno ha mai avuto il piacere di stringere la mano, nemmeno nei tempi pre-Covid.
Ideato e promosso dal Grupo Planeta, una delle maggiori concentrazioni editoriali nel mondo, il premio EspasaEsPoesía, arrivato quest’anno alla terza edizione, non è certo noto per il suo eccelso livello letterario. Per dire, il vincitore della precedente edizione, David Galán Aparicio ’Redry’, si è fatto notare appiccicando le sue poesie sui sedili degli autobus delle linee 1 e 2 di Valladolid, prima di diventare famoso su Twitter e su Instagram. Ma il caso di Cabaliere, pure lui decisamente più celebre tra i frequentatori dei social network che tra i lettori di periodici culturali, solleva dubbi inediti tutt’altro che dissipati dal video postato su Facebook un paio di settimane fa dallo stesso «autore» per dimostrare al mondo la sua esistenza.
Nonostante sui vari social Cabaliere abbia accumulato quasi un milione di follower, di lui si conoscono praticamente solo le «poesie», cioè «frasi che si potrebbero trovare pari pari nei biscottini della fortuna cinesi», secondo l’appropriata definizione di Naky Soto, esperta di comunicazione interpellata sulla vicenda da Florantonia Singer e Alonso Moleiro del País.
Venezuelana come il sedicente autore, Soto ha cercato di capire come Cabaliere – pubblicitario di mestiere secondo le note biografiche, ma ignoto a tutte le agenzie di Caracas – sia riuscito a costruirsi un’imponente community di seguaci pur essendo un misantropo: al momento dell’assegnazione del premio, infatti, ha rilevato Soto, «nessuno si è fatto vivo sui social per congratularsi con lui, né membri della famiglia, né compagni di scuola, neppure il suo panettiere».
Insomma, secondo la studiosa, è probabile «che buona parte di questa massa di seguaci siano bot», com’è probabile che lo sia lo stesso «poeta». Questo non ha impedito alla giuria di Espasa, che pubblicherà la raccolta di Cabaliere il 15 ottobre sotto il titolo Alzando vuelo, di attribuirgli il premio (20mila euro) per «il suo legame e la sua empatia con le nuove generazioni».
Ed effettivamente un legame tra i vari Cabaliere umani e meccanici che popolano i social e una nuova leva di lettori e lettrici esiste. Lo conferma Ricardo Ramírez Requena, direttore de La Poeteca, un’organizzazione che promuove la poesia in Venezuela, che vede in questo caso un esempio della mutazione introdotta dai social network nell’ultimo decennio: «Rispetto alle istituzioni letterarie questo è un mondo a parte, dove l’idea stessa di critica è assente».
Un mondo che comunque il sistema editoriale corteggia e avalla, con il rischio che agli studenti del 2666 tocchi studiare i cuore-amore-languore dei bot-poeti.
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