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Corbyn non celebra Balfour

Corbyn non celebra Balfour

Israele/Palestina Il leader laburista britannico ha scelto di boicottare le celebrazioni previste il 2 novembre per i 100 anni dalla Dichiarazione Balfour con cui Londra evocò un "focolare ebraico" in Palestina. L'Anp di Abu Mazen minaccia di portare la Gran Bretagna di fronte ai giudici.

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 25 ottobre 2017

Jeremy Corbin non sarà presente alla cerimonia organizzata a Londra per il 2 novembre dall’associazione “Amici d’Israele” in occasione dei 100 anni della Dichiarazione Balfour. Il leader del Partito Laburista ha scelto di non unirsi al premier britannico Theresa May, a quello israeliano Benyamin Netanyahu e a 150 Vip nelle celebrazioni del documento che ha segnato in profondità la storia del Medio Oriente contemporaneo. Quella dichiarazione, con cui l’Impero coloniale britannico evocò un “focolare ebraico” in Palestina, è da sempre respinta dai palestinesi e il documento è ora oggetto di contestazioni legali da parte dell’Autorità Nazionale (Anp) del presidente Abu Mazen. Immediate le polemiche innescate da diverse organizzazioni ebraiche britanniche per il forfait di Corbyn, già preso di mira per il suo sostegno esplicito alla causa palestinese e accusato dagli avversari, anche nel partito, di essere un “antisionista militante” se non addirittura un “antisemita”. Il capo dei laburisti si mostra impermeabile alle accuse e conferma la sua assenza alle celebrazioni del 2 novembre.

Due anni fa Corbyn attaccò la Dichiarazione Balfour, parlandone come di un testo «confuso» , non approvato dall’intero governo dell’epoca e neppure dai principali rappresentanti della comunità ebraica britannica. Parole che, sussurra qualcuno, hanno fornito suggerimenti legali ai palestinesi che da mesi sono perentori: o la Gran Bretagna presenta le sue scuse per la Dichiarazione Balfour o dovrà risponderne in Tribunale. L’ha ribadito, ancora qualche giorno fa, il ministro degli esteri dell’Anp Riad al Malki: «Andremo avanti con le procedure legali se la Gran Bretagna insisterà nella sua posizione». Il mese scorso all’Onu Abu Mazen ha bollato la Dichiarazione come una «storica ingiustizia», sicuramente da non festeggiare. Per congelare il procedimento legale, i palestinesi chiedono alla Gran Bretagna di scusarsi o di emettere una nuova Dichiarazione a sostegno della proclamazione dello Stato di Palestina. Londra invece ritiene che non debba scusarsi con nessuno e non ha neppure replicato alla proposta avanzata dall’Anp.

I palestinesi ripetono che nel 1917 il Segretario per gli affari esteri Arthur Balfour, promise ad altri terra che non apparteneva agli inglesi, aprendo così la strada alla nascita nel 1948 dello Stato di Israele in Palestina. Il favore britannico verso il “focolare ebraico” fu messo nero su bianco da Balfour e inviato a Lord Lionel Walter Rothschild, esponente della comunità ebraica inglese di allora e legato al movimento sionista. Secondo gli storici la Dichiarazione Balfour si inseriva nei disegni fatti dalle potenze coloniali per la vasta area geografica che per centinaia d’anni era appartenuta all’Impero Ottomano, in particolare nello schema degli accordi di Sykes-Picot del 1916 con il quale Londra e Parigi si spartirono il Medio Oriente. La Dichiarazione Balfour fece parte nel 1920 a Sevres del Trattato di pace con la Turchia.

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