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Coprire i tetti di pannelli fotovoltaici non è un’impresa impossibile

Coprire i tetti di pannelli fotovoltaici non è un’impresa impossibilefoto GettyImage

Servono 240 Kmq di superficie per produrre l’energia necessaria al consumo domestico non ancora garantita dalle alternative. Lo spazio sulle abitazioni private c’è

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 14 agosto 2024

Esistono alternative tra il riempire la Sardegna e le altre regioni del sud di pale eoliche e coprire vaste porzioni di territorio di pannelli fotovoltaici allo scopo di garantire la transizione verde o mantenere sostanzialmente l’impostazione fossile attuale. Così come esistono alternative all’affidare la soluzione del problema alle grandi agenzie energetiche che il problema hanno generato o alle logiche speculative e di profitto delle multinazionali.

Una alternativa (non la sola) è mettere nelle mani dei cittadini la gestione di un bene comune così prezioso come l’energia, realizzando una produzione democratica e diffusa e impedendo che a deciderne la gestione siano grandi gruppi privati. Propongo un esempio e una simulazione.

IL CONSUMO DOMESTICO di energia in Italia non coperto dall’attuale produzione di energia alternativa è calcolabile in circa 50 TeraWh: per farvi fronte occorrerebbe una superficie di pannelli fotovoltaici di circa 240 kmq.
Nel 2021 Ispra calcolava la superficie di tetti in Italia in 5.400 kmq di cui il 50% circa di residenziale; vale a dire 2.700 kmq. Se sottraiamo a questa cifra il 50% di inusabile o di già usato e un ulteriore 50% per cause varie come cattiva esposizione, centri storici o altro, resta la disponibilità di 660 kmq di tetti utilizzabili. Un valore ben superiore ai 240 kmq necessari per coprire il fabbisogno di energia nazionale per usi domestici.

L’intera operazione a livello nazionale avrebbe un costo di circa 115 miliardi e coinvolgerebbe circa 15 milioni di famiglie. Come si potrebbe procedere? Incentivando le famiglie che installano, ad esempio, 3 KW attraverso pannelli solari con l’abolizione per un anno delle bollette di luce e gas. Istituendo una linea di credito esigibile in tutti gli sportelli bancari e postali e garantita dallo Stato o dalla Regione a disposizione delle famiglie che aderiscono all’iniziativa, che finanzi al 100% la realizzazione degli impianti da restituire in 15 anni. Chi aderisce all’iniziativa risparmia somme considerevoli calcolabili sulla base dei consumi medi familiari in ottocento euro all’anno per il primo anno, di trecento per i successivi quattordici anni e ottocento per i dieci successivi.

FACENDO L’IPOTESI che un milione di famiglie aderissero all’iniziativa, verrebbero attivati 7 miliardi circa di lavori con un costo per lo stato di 800 milioni (pagamento di un anno di bollette a un milione di famiglie). Questa cifra verrebbe più che compensata dai 700 milioni di recupero Iva sui 7 miliardi di lavori e 200 milioni di recupero Irpef dovuto dalle imprese e le aziende che vendono e fanno i lavori.

Va inoltre considerato che (secondo i dati del ministero della transizione ecologica) nel 2021 un miliardo di euro investito in fotovoltaico ha generato oltre seimila Ula (unità di lavoro) temporanee ed altrettante a tempo pieno. In altre parole, 7 miliardi di lavori genererebbero 84mil posti di lavoro. Con ulteriore recupero da parte dello Stato, espresso in minore assistenza e maggiore contribuzione. Dunque l’intera operazione si risolverebbe in un utile netto per lo Stato e per le famiglie, oltre che nel risparmio di 450mila tonnellate di CO2 all’anno e 250 milioni di metri cubi di metano.
Fantasie? Fate pure i calcoli.

Se alle coperture residenziali si aggiungessero le superfici utilizzabili sulle coperture industriali le conseguenze sarebbero spettacolari. Un esempio. A Porto Marghera è stata calcolata la disponibilità di 130 ettari di coperture utilizzabili per il fotovoltaico. Il più esteso campo fotovoltaico italiano con una produzione che coprirebbe l’8% del fabbisogno di rete della città e produrrebbe un risparmio di circa 35mila tonnellate annue di CO2, l’equivalente di un milione e mezzo di alberi.

Si tratta di un approccio diverso al problema energetico, che punta alla valorizzazione dei pro-sumer, ovvero a trasformare il consumatore anche in un produttore, limitando una frammentazione del mercato che inevitabilmente ha portato a forti distorsioni.
Non si tratta solo di puntare ad una virtuosa autosufficienza, ma anche a un diverso approccio al consumo (più consapevole), rivisto con un atteggiamento diffuso che da una parte riduce la distruzione del territorio (con meno infrastrutture costosissime e impattanti) e dall’altra evita pericolose concentrazioni economico finanziarie, che inevitabilmente fanno dello scambio ineguale una ragione di (ingiusto) profitto.

APPARE IMPORTANTE in tale approccio la governance del sistema: un’azione virtuosa deve tenere conto di tutti gli aspetti dell’intervento, non solo quello energetico, che ne è il motore. Va dunque promossa la formazione nel settore, incentivando le aziende nazionali di ricerca e produzione (non in una visione autarchica, ma per ridurre impatti ambientali e dipendenze), così come quelle gestionali e di riciclo (seguendo il prodotto «dalla culla alla tomba»), chiudendo il ciclo economico e creando esternalità positive.

Dai dati sinteticamente enunciati appare assolutamente realistico un approccio olistico, dove si possa puntare ad una completa autosufficienza elettrica con uno sforzo importante, ma non impossibile, anche tenendo conto della partecipazione statale alle grandi imprese energetiche e finanziarie, da governarsi in funzione di una produzione diffusa, certamente meno speculativa, ma altrettanto certamente più consona ad una approccio economico sano.

Risultati? La decarbonizzazione integrale del fabbisogno domestico di energia elettrica; il risparmio per le famiglie sui costi dell’energia e un corrispondente aumento delle capacità di spesa; l’attivazione di investimenti per decine di miliardi di euro; l’aumento di centinaia di migliaia di posti di lavoro; l’attivazione di nuove filiere industriali e anche significativi utili per lo Stato in termini di recupero fiscale.

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