È finita con decine di studenti che hanno (pacificamente) occupato l’aula dove era previsto l’incontro «Maternità in-attesa. Preservare la salute delle donne in gravidanza», organizzato dall’associazione Pro Vita&Famiglia a Macerata, con il patrocinio del ministero della Salute e della Regione Marche.

«Nonostante il patrocinio ritirato da parte dell’Università, l’associazione ultra cattolica ha comunque trovato un escamotage per intrufolarsi nei luoghi di formazione, ma la risposta di chi questi luoghi li vive quotidianamente è stata forte e determinata, dimostrando come queste associazioni non devono e non possono trovare alcuno spazio e legittimazione nella nostra città e nella nostra università», dicono dal collettivo Depangher, che ha organizzato la protesta.

Dall’Università di Macerata, intanto, arriva una presa di distanza dall’iniziativa, che si è svolta all’interno della biblioteca statale, nello stesso edificio dove ha sede la facoltà di lettere. L’ateneo ha sottolineato con una nota di non aver «mai concesso il patrocinio all’iniziativa» e «in ossequio al suo ruolo di istituzione laica, pur nel rispetto delle posizioni di tutti» ha ritenuto che «il convegno non rientrasse nelle proprie finalità formative, didattiche e scientifiche. Eventuali locandine con il logo dell’ateneo circolate sul web non sono mai state autorizzate».

La faccenda, però, non si chiude certo così. La deputata Elisabetta Piccolotti (Avs) ha annunciato che presenterà un’interrogazione ai ministri della Salute e dell’Università. «Siamo costrette di nuovo a porre con forza – sostiene la parlamentare rossoverde – il tema della necessaria laicità dello Stato e delle istituzioni sanitarie di fronte a un’offensiva anti-abortista che trova pericolose sponde nelle amministrazioni locali e regionali governate dalla destra. Il disegno è chiaramente quello di rendere sempre più difficoltoso l’accesso a un servizio come l’interruzione di gravidanza che è tutelato da una legge, la 194, purtroppo sempre più osteggiata».

I prolife, dal canto loro, gridano alla censura: «Le femministe hanno urlato a chiunque si avvicinasse al tavolo dei relatori per parlare ai microfoni. In più hanno affisso volantini e striscioni contro il convegno e con espliciti riferimenti sessuali e occupato quasi tutte le sedie della sala. Soltanto l’intervento della Digos ha permesso, seppur in estremo ritardo, l’avvio del convegno».