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Maysoon Majidi resta in carcere. Tocca al Riesame

Maysoon Majidi resta in carcere. Tocca al RiesameMaysoon Majidi

Crotone Per la quinta volta sono stati rigettati gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico alla 28enne attivista curda, reclusa da dieci mesi

Pubblicato circa 9 ore faEdizione del 4 ottobre 2024

Maysoon Majidi resta in cella. Il tribunale di Crotone ha rigettato ieri, per la quinta volta, l’istanza di concedere gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico alla 28enne attivista, regista e reporter curda. Majidi è detenuta nel carcere di Reggio Calabria con l’accusa di essere una scafista. L’arresto risale a 10 mesi fa, quando sbarcò insieme ad altre 77 persone migranti sulla costa crotonese. La richiesta di attenuazione della misura cautelare è stata avanzata nell’udienza dello scorso primo ottobre dalla sua difesa.

Pare ci sia nervosismo in procura, a Crotone. E forse qualche ragionevole dubbio comincerebbe ad erodere persino le granitiche convinzioni della magistratura inquirente, secondo la quale i giornali starebbero parlando troppo di questa vicenda, quindi la ragazza deve restare in carcere. È quanto si ricava dalle motivazioni con le quali la pubblico ministero Maria Rosaria Multari si è opposto alla concessione dei domiciliari. «Alla luce dell’inquinamento probatorio – scrive la pm – che emerge dagli atti acquisiti e da articoli e video postati sul caso, si esprime parere contrario». La pm ha esibito in tribunale articoli pubblicati dai quotidiani, sostenendo che «in questo procedimento tutta la macchina delle autorità giudiziarie italiane è stata accusata di falso» e chiedendosi come mai gli stessi testi irreperibili per le autorità giudiziarie italiane, abbiano parlato con Le Iene e con la difesa.

Eppure è facile ipotizzare che i testi si siano sottratti al dovere morale di dire la verità e scagionare Maysoon anche in un’aula di giustizia perché temono di essere a loro volta arrestati con l’accusa di scafismo, in applicazione del decreto Cutro. Durante l’ultima udienza, l’osservatore di Frontex, la cui audizione è avvenuta a porte chiuse per motivi di sicurezza, avrebbe affermato di non ricordare che i fatti si siano svolti come ricostruito nelle indagini.

I tecnici sentiti in aula hanno dichiarato che il telefono della ragazza non è mai stato utilizzato durante il viaggio. Inoltre la chat usata come blocco appunti da Maysoon conferma che i suoi compagni del partito Komala, attivo nel Kurdistan iracheno, hanno raccolto soldi per consentirle di affrontare la traversata. Il prossimo 17 ottobre, sulla richiesta di revoca della custodia cautelare, si pronuncerà il tribunale del Riesame di Catanzaro. Il 22, a Crotone, nuova udienza del processo. La rete Free Maysoon si organizza per essere davanti ai palazzi di giustizia, con la speranza e la fiducia che giustizia sia fatta.

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