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Contrordine Putin, la Russia rientra nell’accordo sul grano

Contrordine Putin, la Russia rientra  nell’accordo sul granoUn cargo con il grano ucraino in transito ieri nel Bosforo – Ap

Il limite ignoto Erdogan media e Kiev - secondo il leader del Cremlino - garantisce che non userà i corridoi per nuovi attacchi. L'Europa non pervenuta. Infrastrutture nel mirino, milioni di ucraini a rischio blackout con l’inverno alle porte

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 3 novembre 2022

Colpo di scena: l’accordo sul grano è di nuovo attivo. Il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato che la «sospensione» dell’intesa è stata revocata in seguito alle garanzie fornite dall’Ucraina a non utilizzare il corridoio marittimo per attaccare le forze russe. Ma il capo del Cremlino si riserva il diritto di interrompere di nuovo l’intesa «se Kiev non dovesse mantenere la parola».

Per quanto sia vero che il conflitto in Ucraina ci abbia abituato fin dal 24 febbraio ai colpi di mano e a sviluppi del tutto imprevisti, un ripensamento nel giro di 24 ore da parte del «duro» Putin nessuno se l’aspettava. Tanto che martedì sera Onu e Turchia avevano finito per cedere all’eventualità di un’interruzione a tempo indefinito delle esportazioni di cereali attraverso il Mar Nero.

QUALI GARANZIE Kiev possa aver fornito, e in che modo, non è chiaro. Di sicuro è da considerare la mediazione del presidente turco Erdogan che ha incassato nuovamente gli elogi del suo omologo russo che ne ha lodato «la neutralità durante tutto il conflitto» e i suoi sforzi per «garantire gli interessi dei Paesi più poveri». Non è chiaro come si possa parlare di neutralità visto che i droni forniti dalla Turchia all’Ucraina hanno un ruolo fondamentale sul campo di battaglia e hanno contribuito a mettere seriamente in difficoltà le truppe di Mosca. Allo stesso modo non si capisce come un presidente che usa i migranti come arma di ricatto all’Unione europea possa essere definito un «difensore degli oppressi». Soprattutto visto che la chiusura del porto di Odessa, il centro logistico più importante del Mar Nero prima della guerra, ha spostato interessi e capitali verso il Bosforo, a tutto vantaggio di Ankara. In serata anche il presidente ucraino Zelensky ha ringraziato Erdogan con un post su Twitter.

ANCORA UNA VOLTA si può constatare la debolezza dell’azione diplomatica europea e la conseguente ascesa di politici che da questo conflitto finora hanno tratto solo benefici in termini di immagine, di potere contrattuale internazionale e di ritorno economico per il proprio Paese.

Ad ogni modo, Erdogan ha dichiarato che la nuova fase dell’Intesa sui cereali è iniziata ieri ma che «si darà priorità alle spedizioni verso le nazioni africane» tra cui Somalia, Gibuti, Etiopia e Sudan. Il che verrà sicuramente utilizzato dalla propaganda russa come segno di vittoria della linea di Putin a sostegno dei Paesi poveri e a discapito di quelli occidentali che il presidente accusava di fagocitare la gran parte dell’export ucraino.

SECONDO GLI ULTIMI DATI pubblicati lunedì dal direttore dell’ufficio dell’Onu per gli aiuti umanitari, Martin Griffiths, «il 23% del carico totale esportato dall’Ucraina nell’ambito dell’accordo sul grano è andato a Paesi a basso o medio reddito, che hanno anche ricevuto il 49% di tutte le spedizioni di grano». Tuttavia, secondo Putin, il 46% del grano esportato dai porti ucraini di Odessa, Chornomorsk e Pivdennyi era destinato ai Paesi dell’Unione europea invece che alle nazioni più bisognose. Ma il momento è delicato e per evitare ulteriori dissapori il portavoce della segreteria delle Nazioni unite, Stephane Dujarric, ha detto che il segretario generale Guterres «resta impegnato a rimuovere i rimanenti ostacoli alle esportazioni di cibo e fertilizzanti russi».

Nel frattempo, le città ucraine continuano a fare i conti con il rischio di rimanere senza corrente alle porte dell’inverno. I bombardamenti di lunedì avevano colpito per la terza volta in tre settimane le infrastrutture energetiche strategiche del Paese e diverse città erano rimaste al buio per ore. Nella capitale Kiev il blackout aveva colpito quasi l’80% della città prima che le squadre di pronto intervento si mettessero all’opera.
Ieri l’emergenza è rientrata ma restano le interruzioni di corrente notturne e le interruzioni diurne programmate.

D’altronde, secondo le dichiarazioni dei politici ucraini stessi, dal 10 ottobre a oggi il 40% delle infrastrutture energetiche nazionali è stato danneggiato seriamente.

IL GOVERNATORE DELLA REGIONE di Kiev, Oleksiy Kukeba, ha dichiarato che 16.000 case sono rimaste senza elettricità e che i droni hanno attaccato le strutture energetiche nella regione di Cherkasy, a sud della capitale, provocando nuove interruzioni di corrente. Sebbene la corrente e l’acqua siano state ripristinate nella città di Kiev, Kuleba non ha escluso che la mancanza di elettricità possa protrarsi per settimane se le forze russe continueranno a colpire le strutture energetiche. In un post su Telegram, il funzionario ha accusato le forze russe di voler provocare una grave crisi umanitaria.

Inoltre, dopo le preoccupazioni dei giorni scorsi, l’ufficio stampa della società nucleare statale ucraina Energoatom ha dichiarato all’agenzia Associated Press che l’impianto di Zaporizhzhia è stato ricollegato alla rete elettrica.

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