«I militari ridono di me, dicono che c’è una scelta, o sparare o andare in prigione». Andrii Vyshnevetsky è un giovane ucraino di 34 anni, obiettore di coscienza cristiano. «Non voglio stare nell’esercito. Sono contro la guerra, contro la violenza, non voglio le armi». È stato mobilitato a Odessa nel settembre 2022, nonostante avesse chiesto di svolgere un servizio civile alternativo con la Croce Rossa; al momento presta servizio in una cucina militare.

Vyshnevetsky ha denunciato il presidente Zelensky alla Corte Suprema di Kiev, sostenendo che la sua avversione all’obiezione di coscienza è illegale; chiede alla Corte Suprema di ordinare al presidente di riconoscere il diritto all’obiezione di coscienza in linea con la Costituzione ucraina, il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che riconoscono libertà di pensiero, di credo e di coscienza. Il ricorso sarà discusso il 22 maggio dalla Corte Suprema ma l’esito è scontato, condanna e prigione, come avvenuto il 6 aprile ai danni di Mykhailo Yavorsky, obiettore di 40 anni di Ivano-Frankivsk, condannato ad un anno per aver rifiutato la mobilitazione obbligatoria.

Nel frattempo il primo obiettore di coscienza ucraino dall’inizio del conflitto, Vitaly Alekseenko detenuto nel carcere n. 41, ha ricevuto il 14 aprile la visita della presidente dell’Ufficio europeo per l’obiezione di coscienza, Alexia Tsouni, che ha riferito all’Ong norvegese per i diritti umani Forum 18 come lo stesso difensore civico ucraino abbia denunciato «l’uso eccessivo della forza sui prigionieri, violazioni del diritto alla privacy, violazioni delle condizioni igieniche, oltre a costringere i detenuti a stare in piedi durante tutto il tempo degli allarmi aerei».

Ancora peggio va agli ucraini dei territori occupati dalla Russia. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha documentato che in Crimea oltre 3.000 uomini sono stati arruolati a forza nelle forze armate russe, in violazione dell’articolo 51 della Convenzione di Ginevra: «La Potenza occupante non può costringere persone protette a prestare servizio nelle sue forze armate o ausiliarie. Non è consentita alcuna pressione o propaganda che miri ad assicurare l’arruolamento volontario».

Anche in Bielorussia gli obiettori di coscienza e i disertori sono perseguitati e incarcerati. L’organizzazione pacifista Our House ha calcolato che più di 20.000 giovani abbiano lasciato il loro Paese e cercato rifugio all’estero, perché temevano di essere reclutati. La Bielorussia è uno dei paesi più militarizzati del continente europeo, un vero e proprio stato di polizia che ha instaurato la pena di morte per i disertori e promuove l’addestramento militare per i bambini dai 6 anni in su. Olga Karach, la pasionaria nonviolenta, dall’esilio invita «le madri, i padri, le sorelle e i fratelli in Bielorussia di incoraggiare i giovani a non arruolarsi nell’esercito e di aiutarli a sfuggire al reclutamento».

Gli attivisti nonviolenti russi stanno realizzando una campagna di incontri online in cui rispondono alle numerose richieste; fanno circolare clandestinamente video contenenti istruzioni per evadere la mobilitazione. Stanno anche utilizzando canali cifrati telegram per consultazioni aperte: l’obiettivo è raggiungere più persone possibili che rifiutano di partecipare alla guerra.

Go by the Forest è l’associazione che tutela gli obiettori: Abbiamo aiutato più di 4.000 persone. Forniamo assistenza legale e psicologica, aiuto per trovare asilo, trasferimento attraverso le frontiere e aiuti finanziari». Ma anche quando riescono a lasciare il paese, i maschi in età di leva possono restare in Kazakistan, in Armenia o in Georgia solo pochi mesi, poi devono scegliere tra rientrare in Russia, dove saranno arrestati, o entrare in clandestinità.

Il 15 maggio si celebra in tutta Europa la Giornata internazionale dell’obiezione di coscienza al servizio militare. L’iniziativa internazionale #ObjectWarCampaign chiede protezione per obiettori e disertori russi, ucraini e bielorussi che si rifiutano di partecipare alla guerra. La petizione online ha superato le 50.000 firme.

I partner italiani della Campagna internazionale (tra cui Giuristi Democratici, Mir, Un Ponte Per, Movimento Nonviolento, Pax Christi) martedì 16 maggio manifesteranno a Roma davanti alle ambasciate di Russia, Ucraina e Bielorussia, e poi terranno una conferenza-stampa presso la sala Nassirya del Senato.