Contratto Stellantis, apartheid Fiom (per ora) confermata
Si è aperto ancora nel segno dell’apartheid il confronto sul rinnovo contrattuale di Stellantis. Il gruppo a guida francese che ha inglobato Fca ha incontrato a Torino in mattinata i sindacati firmatari dell’ultimo Ccsl (contratto specifico) in scadenza – Fim Cisl, Uilm, Ugl e Agenquadri – e solo nel pomeriggio la Fiom.
Con i primi – che hanno presentato una piattaforma unitaria per il rinnovo – Stellantis ha fissato un fitto calendario di incontri. Con la Fiom invece l’incontro è stato interlocutorio: entrambe le parti si sono date fino «all’inizio della prossima settimana per verificare le condizioni per un tavolo unitario». La sensazione è che sarà l’azienda a dover prendere una decisione: ha certamente interesse a recuperare la Fiom ma potrebbe considerare troppo rischioso aprire alle richieste delle tre piattaforme (oltre a Stellantis, Cnh e Ferrari) dei metallurgici della Cgil.
L’elemento nuovo è che Fim e Uilm – a differenza del passato – non hanno messo condizioni alla partecipazione della Fiom a un tavolo unitario.
A ieri sera comunque il barometro segnava ancora verso i tavoli separati. Il tutto nonostante la recente svolta della Uilm che con il suo segretario Rocco Palombella aveva auspicato il ritorno di Stellantis nel contratto nazionale dei metalmeccanici.
All’uscita dall’incontro pomeridiano il segretario della Fiom Michele De Palma ha ribadito la sua posizione: se non ci sarà un tavolo unitario la Fiom andrà allo sciopero. «Siamo arrivati a questo tavolo con un’esperienza di 4 anni alle spalle, noi pensiamo che come “parte” il tavolo è il punto fondamentale. Abbiamo chiesto all’azienda di verificare entro l’inizio della prossima settimana quali sono le condizioni per una condivisione del percorso necessaria a poter fare una trattativa vera. Se non ci fossero queste condizioni la Fiom si riunirà con delegati e strutture per decidere le iniziative da prendere», ha concluso De Palma.
Da parte dei sindacati firmatari le reazioni all’incontro sono moderatamente positive. «L’apertura del negoziato è stata importante e positiva perché ci ha permesso di presentare una piattaforma considerevole quanto ambiziosa che oltre a difendere il potere d’acquisto aggiorna le tutele dell’occupabilità», dicono il segretario generale Fim Cisl, Roberto Benaglia, e il segretario nazionale Ferdinando Uliano.
«Chiediamo in primis la piena salvaguardia del potere di acquisto, ma anche condizioni di lavoro migliori e relazioni industriali pienamente improntate al dialogo – commentano Rocco Palombella e il segretario nazionale Gianluca Ficco – abbiamo stabilito un calendario serrato di confronto che ci fa sperare».
Nel merito le richieste della Fiom sul salario sono maggiori rispetto ai «firmatari»: 8,8% (pari a 263 euro al mese più una mensilità una tantum subito) contro 8,4% nel 2023. Ma il nodo vero riguarda il voto di approvazione del contratto: se i «firmatari» si accontentano degli Rsa, la Fiom (avendo condiviso le tre piattaforme con 13mila operai) chiede di far votare tutti i 70 mila lavoratori del gruppo. Proprio come prevede il contratto nazionale.
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