Un incontro necessario, quello di ieri a pranzo tra Enrico Letta e Giuseppe Conte. Tanto più dopo il grande gelo delle ultime settimane, con le divisioni sulle spese militari, che hanno rischiato di incrinare il fronte giallorosso. Con Conte a battere i pugni sul tavolo, in una diretta instagram pochi giorni fa: «Non siamo la succursale del Pd».

Proprio l’aumento fino al 2% del pil delle spese militari è stato l’antipasto indigesto del pranzo che voleva essere pacificatore. «Questa è una questione politica seria per il Movimento e le posizioni che ho espresso sono convinte e radicate», ha detto Conte. «Non possiamo far credere ai cittadini che buttandoci ad aumentare le spese militari affrettiamo la soluzione del conflitto in Ucraina, né possiamo distrarre risorse che adesso servono più che mai ai cittadini e alle imprese».

Nel merito le rispettive posizioni non si sono modificate. «Si tratat di un impegno con la Nato preso nel 2014, Guerini ha garantito la giusta gradualità, vedremo se da qui al 2028 ci saranno progressi nella costruzione della difesa comune europea», ha ribattuto Letta. «Se, come penso, saranno possibili risparmi sarà un bene per tutti, ma ora la nostra affidabilità con gli alleati non può essere messa in discussione».

Conte non ha digerito gli attacchi ricevuti dai dem nei giorni in cui tra lui e Draghi la tensione era altissima: «Incomprensibili e fuori luogo, per il futuro pretendo maggiore rispetto ogniqualvolta si registreranno diverse posizioni».

Il capo dei 5S ha insistito molto sulla necessità di estendere gli aiuti anticrisi alle famiglie ben oltre i 5 miliardi previsti nel Def. E sulla possibilità di un ulteriore scostamento di bilancio ha avuto l’ok del leader Pd che ha ribadito: «Per noi non è un tabù, in questo momento la coesione sociale è più che mai fondamentale». Conte ha aggiunto: «Sono rimasto sorpreso, quando sono andato da Draghi mi ha parlato solo di spese militari e, nonostante abbia rappresentato le diffuse difficoltà del Paese e abbia insistito per avere soluzioni, non ho ricevuto risposte ma solo rinvii».

Sul fronte delle amministrative, i due leader hanno registrato che nella gran parte delle città al voto a giugno l’alleanza c’è ed è competitiva: da Genova a Palermo, passando per Como, Verona, Alessandria, Catanzaro. Fronte unito anche sulla delega fiscale: entrambi i leader si sono detti preoccupati per l’atteggiamento del centrodestra. «Nessuno ha mai prospettato la benché minima possibilità che ci sia un aumento delle tasse», hanno concordato, con Letta che non ha nascosto la sua «irritazione» contro la Lega.

Posizioni vicine ma non identiche sulla legge elettorale. Di fronte al capo del M5S che insisteva per andare avanti sul proporzionale, Letta non ha posto veti. Ma non ha nascosto le sue perplessità sulle reali possibilità di una modifica del Rosatellum. Per Conte in ogni caso, quello del leader Pd è «un significativo passo avanti». La sintesi di Letta: «Con Conte c’è un dialogo che non si è mai interrotto, c’è sintonia sulle risposte da mettere in campo in questo momento di crisi».