I «Inizio ad avere dubbi che ci sia qualcuno che voglia spingere il M5S fuori dal governo. Se così fosse, ce lo dicano chiaramente». Giuseppe Conte alza il tiro nella sua manovra di sganciamento dalla strana maggioranza che sostiene Draghi.

Lo fa attribuendo ad altri l’intenzione, ma il punto politico è che il leader del M5S sta attaccando a tutto campo: dalle armi all’Ucraina al no all’inceneritore di Roma alla difesa del superbonus edilizio che il premier vuole cancellare. Tutti temi, soprattutto la guerra, su cui il Movimento sta prendendo le distanze dal Pd cercando di attingere allo stesso bacino di voti potenziali. Una manovra che ha già il sapore della campagna elettorale, o comunque di un posizionamento chiaro in vista delle politiche.

NEL MIRINO DI CONTE c’è Mario Draghi. Sua la responsabilità, secondo il leader grillino, di non aver stralciato l’inceneritore della Capitale dal decreto Aiuti da 14 miliardi, che contiene varie misure chieste dal M5S, come la tassa al 25% sugli extraprofitti. impedendo di fatto al Movimento di votare il decreto. Una mossa che per Conte ha il sapore del «ricatto». Sempre di Draghi l’attacco al superbonus.

Due «dita negli occhi» nel giro di una manciata di giorni che vengono letti come una «provocazione» al partito di maggioranza relativa. «Sulla norma sull’inceneritore spero non si pensi neppure lontanamente di calare la fiducia. La fiducia semmai la chiediamo noi», attacca Conte, a margine della presentazione della scuola politica del Movimento che avrà tra i docenti anche il Nobel per l’economia Joseph Stiglitz.

La strategia, nel caso di un voto di fiducia, non è ancora decisa. Ma Conte lascia intendere che stavolta non vuole faer marcia indietro: «Vorrei vedere se i ministri che hanno firmato quella norma accetterebbero di abitare con un inceneritore accanto».

QUANTO AL SUPERBONUS, «Draghi è stato contraddittorio, ha parlato male davanti al parlamento europeo di una misura che gli ha consentito di fregiarsi della crescita del Pil. Credo ci sia una demonizzazione strategica di questa misura che tutto il mondo di ha invidiato». Conte parla di «amarezza», ricorda che «la questione va chiarita agli italiani». Una rappresaglia di palazzo Chigi per la richiesta di riferire sulla guerra? «Se così fosse sarebbe gravissimo, un’offesa agli italiani», attacca l’avvocato. Poi, certo, c’è la questione delle frodi. «Siamo ragionevolmente disposti a migliorare le misure per contrastarle», apre Conte.

POI C’È IL NODO GUERRA. Il presidente del M5S insiste sulla richiesta che il premier parli alle Camere. Il capogruppo a Montecitorio Davide Crippa ha già fatto una richiesta formale. «Altre forze politiche hanno aderito», ricorda Conte (la Lega, ndr), che vuole arrivare a un voto su un atto di indirizzo al governo. «Dopo due mesi un primo ministro deve andare in Parlamento a spiegare ai cittadini quali sono le posizioni che sta portando sui tavoli internazionali: quando andrà a Washington, Draghi cercherà di ascoltare Biden o anche di persuaderlo sulle sue posizioni?».

E ancora: «L’Italia deve lavorare per una soluzione politica. L’obiettivo del conflitto non può essere quello di sconfiggere la Russia, se così fosse sarebbe un grande errore e l’Italia deve correggerlo». E poi c’è il rischio di una «recessione pazzesca che colpirà l’Europa».

COL PD LE DISTANZE aumentano. «A me sembra che siano i cinque stelle a voler uscire dal governo», sibila il senatore dem Andrea Marcucci, che spinge per il proporzionale proprio per evitare l’alleanza. «Col Pd bisogna intendersi, chi vuole lavorare con noi deve sapere che per noi ci sono principi non negoziabili», rincara Conte, che cita il «chiarimento tardivo» dei dem sull’aumento delle spese militari. «Il Pd non può parlare di transizione ecologica e poi proporci gli inceneritori».

«Io guardo gli argomenti che ci uniscono e sono tanti», la replica di Letta. «Al di là dei discorsi che si fanno, sul territorio e nei Comuni il campo largo esiste e sta crescendo». Nel 70% delle città sopra i 15mila abitanti al voto a giugno, Pd e 5 stelle sono alleati.