Tra molti «Caro Goffredo» e «Caro Giuseppe» va in scena una bella tenzone, ricca di amichevoli fendenti, tra il capo del M5S, il suo principale sostenitore nel Pd e Andrea Orlando, leader della sinistra dem e probabile candidato al congresso.
Occasione è la presentazione dell’ultimo libro di Bettini «A sinistra. Da capo» ( edito da Paperfirst) all’auditorium di Roma. Presenti anche Andrea Riccardi, la direttrice del manifesto Norma Rangeri e quella del gruppo Qn Agnese Pini.

E se Conte difende orgogliosamente le sue scelte contro i dem, dalla caduta di Draghi alla recentissima rottura nel Lazio al grido di «non rinunceremo ai nostri valori, non perderemo l’anima alleandoci con Renzi e Calenda», tocca a Bettini gelarlo: «Io ti ho sempre sostenuto con generosità, anche se sulla giustizia abbiamo idee diametralmente opposte». Conte dice altre due cose importanti: «Nel campo della sinistra ora ci siamo anche noi, che lo si voglia o no». Secondo: «Se al congresso prevarranno le tesi della sinistra sarà più facile ritrovarci nella reciproca autonomia e dignità».

CONTE PARLA POCO DEL LIBRO e molto del suo Movimento, rivendica tutte le scelte fatte (compresi i decreti sicurezza con Salvini che gli vengono fatti notare con forza da Norma Rangeri) e racconta con soddisfazione l’evoluzione del M5S: «Nei nostri principi e valori c’è la critica al capitalismo, c’è una prospettiva di riscatto sociale». Di fatto è il succo del libro di Bettini che intima al Pd di scegliere tra una visione acritica del capitalismo e una sua critica: «Sono scelte da compire qui e ora, serve radicalità nell’affrontare la condizione insopportabile degli ultimi. A oggi la sinistra in Italia non c’è», dice l’autore che ricorda la sequela di errori post 1989: «Non siamo stati in grado di togliere gli ideali di liberazione dalle macerie del muro di Berlino».

Bettini vuole che il congresso discuta di questo, Orlando è d’accordo e teme che dal dibattito congressuale si cerchi di «rimuovere questo punto fondamentale», e cioè la critica al sistema. «Non significa proporre ricette sovversive, ma trovare gli strumenti per cambiare quello che non funziona», spiega l’ex ministro del Lavoro. «Questa differenza che c’è nel Pd non può essere gestita con reticenza, altrimenti si lascia spazio a fa la sinistra ma non sempre lo è».

IL BERSAGLIO È CONTE, cui Orlando manda un altro siluro: «Fare i conto con le diseguaglianze non è solo fare più spesa pubblica, ma anche scontentare qualcuno con politiche di redistribuzione. Spero che lo capisca anche Giuseppe». Altre scintille tra i due sulla caduta di Draghi. Se Conte elenca le tante ferite subite dal banchiere, Orlando gli ricorda che «il governo che è venuto dopo non mi pare molto meglio». Conte insiste: «Non potevamo votargli la fiducia, ci abbiamo messo la faccia». Dalla platea partono contestazioni quando il capo M5S difende le scelte sul Lazio. Alcuni dalla platea lo accusano: «Questo è un comizio?». «Tu che tradizione hai?».

Conte replica: «Questo è massimalismo! Abbiamo una storia più corta ma non per questo la puoi calpestare». Orlando e Bettini però convidono un’idea: «Il Pd ha sbagliato a identificarsi con Draghi facendone un feticcio». Anche ad Orlando arriva qualche protesta: «Che fai la critica al capitalismo stando al governo Draghi?».E lui: «Non la si fa neppure regalando il paese a Meloni».
I TEMI SI INTRECCIANO, ci sono tante scene da un matrimonio-quello tra Pd e 5S- che si susseguono nel libro e nel dibattito. Bettini dice che dal congresso «non può uscire un Pd che sta da una parte e dell’altra», in una «mezzadria dell’anima che ci ha reso incolori». La ricetta di Orlando è simile: all’opa di Conte si risponde «con più radicalità sulle questine sociale. I nodi non si risolvono con una competizione alle primarie, serbe un riposizionamento strategico del Pd».

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INTANTO PER LE REGIONALI del Lazio il divorzio è ormai certificato. Ed è una ferita per Bettini e la sinistra dem: «Giuseppe, attenzione. Nel Lazio si interrompe un’esperienza unitaria che già c’è. Tu dici di aver posto delle condizioni ma in un processo unitario non si pongono condizioni. Non ho nessuna remora sulla figura di Alessio D’Amato. Certamente l’esito dell’alleanza politica mi ha un po’ sconcertato», dice Bettini, raccontando di aver appreso dell’alleanza con Azione «dai giornali». «Avete scelto il candidato di Calenda!», l’accusa dell’avvocato. L’idea è che si potesse fare ancora uno sforzo per ricomporre l’asse giallorosso. Conte però non pare pentito: «Noi non portiamo rancore. Quando nei sondaggi eravamo al 9% non ho mai accusato gli altri della nostra crisi».

Per i dem che hanno tifato per il matrimonio con Conte e considerano un errore la riottura alle politiche l’aria che tira non è buona. Ormai il capo dei 5S veleggia nella direzione di chi vuole sottrarre quanti voti più possibili. Quanto a Bettini, anche la partita interna al Pd pare in salita. «Se ci sarà qualcuno al congresso che interpreterà queste idee ne sarò felice, se non ci sarà nessuno resterà una battaglia ideale». «Io credo al Pd come principale forza della sinistra italiana», la conclusione che sembra escludere ipotesi di scission