Il Consiglio nazionale del Movimento 5 Stelle convocato lunedì pomeriggio ha chiuso ieri i suoi lavori confermando la linea di Giuseppe Conte. Il M5S considera «assolutamente opportuno che l’Italia, dopo avere già inviato varie forniture comprensive anche di armamenti concentri adesso i suoi sforzi sul piano diplomatico». E chiedono che «il presidente del consiglio venga in parlamento a riferire sulle iniziative sin qui attuate e su quelle programmate in modo che ci sia piena condivisione dell’indirizzo politico». Tutto procede, dunque? Non proprio. Tra i contiani circola il timore che l’immagine del M5S, si stia logorando, che non decolli nei sondaggi perché la linea di lotta e di governo scontenti sia i nostalgici dell’opposizione che i fautori della necessità di accreditarsi presso la maggioranza che sostiene Draghi.

ESEMPIO PLASTICO della difficoltà di Conte è la scelta della presidenza della rinnovata commissione esteri del senato. La soluzione automatica, e gradita ai vertici, sarebbe stata l’elezione di Gianluca Ferrara. Il quale è stato però impallinato, tramite il ripescaggio di sue vecchie esternazioni considerate «anti-americane», si sospetta del fuoco amico di Pd e grillini vicini a Luigi Di Maio. Il Pd ha annunciato che rispetterà le valutazioni dei 5 Stelle, che hanno dovuto scegliere tra l’ex capogruppo Ettore Licheri, preferito da Conte, e la dimaiana Simona Nocerino, gradita ai dem. Ieri c’è stata prima una riunione di maggioranza e poi un’assemblea di senatori del M5S per dirimere la questione.

CONTE NON HA intenzione di lasciare la maggioranza, ma pungolando Draghi si allontana dai governisti e genera la delusione di chi vorrebbe che portasse alle estreme conseguenze le sue rotture con la linea di governo. Domani, in occasione dell’informativa del premier, ci si limiterà a seguire le coordinate dettate al termine della riunione fiume del Consiglio nazionale M5S, è da vedere che piega prenderà la votazione chiesta a fine mese, quando Draghi si presenterà alle camere prima di partecipare al Consiglio europeo. Fa asse con Bersani e Speranza, che sente quasi ogni giorno, per provare a spostare il Pd ma ormai ha capito che questo è il governo di Letta, che ha il suo baricentro tra i moderati. Non facilita le cose Beppe Grillo, che rilancia dal suo blog le tesi di interlocutori improbabili su posizioni considerate fuori dalla compatibilità in politica estera, come accaduto con il testo dell’ex ambasciatore in Arabia Saudita Torquato Cardilli.

ALTRA PROVA del piano inclinato sul quale rischia di finire Conte è data dall’inceneritore di Roma, ormai divenuto una questione di politica nazionale, complice anche il decreto voluto da Draghi che ha consegnato i poteri speciali di commissario per i rifiuti al sindaco Roberto Gualtieri. Anche lì, i 5 Stelle hanno vistosamente rinunciato a votare il decreto contestato, ma contano sull’assessora regionale Roberta Lombardi per trovare un compromesso. Tutt’altra strada sta seguendo Virginia Raggi, la cui opposizione a ogni tipo di impianto promette di essere irriducibile. I radicali annunciano un referendum sull’inceneritore, i grillini accolgono la sfida e la domanda sorge spontanea: come voterà il cittadino di Roma Giuseppe Conte?

ALCUNI INIZIANO a sospettare che forse Di Maio ha voluto di sfuggire a questa tagliola, quella delle due facce del M5S motivo dei suoi successi passati ma anche della sua paralisi politica, quando si dimise da capo politico per diventare il grillino pragmatico e governista che viene tacciato di tramare nell’ombra. E di essere sulla riva del fiume, in attesa che Conte faccia la sua scelta: che si sposti sulle sue posizioni o che rompa con la maggioranza, provocando una probabile scissione e lasciando al ministro degli esteri la dote del M5S centrista. Quello che appare sicuro è che Conte in questo modo non può proseguire a lungo. E se anche, come dicono ormai da tempo i suoi non saranno risultati delle amministrative del 12 giugno a decidere le sue sorti, di certo dopo l’estate deve trovare il modo di tirarsi fuori dal labirinto in cui si è cacciato.