Congresso, il 22 primo incontro  tra i tre candidati
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Congresso, il 22 primo incontro tra i tre candidati

Sinistra Il 22 dicembre primo incontro tra i tre (finora) candidati alla segreteria, Bonaccini, Schlein e De Micheli. Si terrà al Nazareno
Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 17 dicembre 2022

Nel Pd traumatizzato dal Qatargate va avanti anche la discussione congressuale. Il 22 dicembre primo incontro tra i tre (finora) candidati alla segreteria, Bonaccini, Schlein e De Micheli. Si terrà al Nazareno, alla presenza di Enrico Letta: l’occasione sarà la discussione di un documento sottoscritto, tra gli altri da Graziano Delrio, Walter Verini e Giorgio Tonini, che ha l’obiettivo di tutelare le radici del partito, dall’Ulivo fino al Lingotto del 2007 di Veltroni. Il concetto è semplice: «Si può e si deve innovare profondamente, anche radicalmente, analisi, progetto, programma, ruolo, forma, e quindi identità dei democratici. Ma senza toccare le radici del Pd».

Ieri debutto romano per Stefano Bonaccini, che ha partecipato alla riunione di amministratori che era stata organizzata dal sindaco di Pesaro Matteo Ricci, inizialmente per lanciare la propria candidatura. L’evento, che si è tenuto a pochi passi da Botteghe oscure, è stato invece l’occasione per stringere la truppa attorno al governatore emiliano. Che ha ribadito la sua guerra alle correnti: «Sono un problema, un elemento di divisione, non aiutano il pluralismo». Il candidato ha anche annunciato di voler modificare lo statuto: «Un congresso non può durare 5 mesi, ma le primarie devono restare». E ha sposato la proposta di Ricci per una legge di iniziativa popolare sul salario minimo.

Bonaccini ha spiegato la necessità di «non lasciare a Meloni il popolo delle partite Iva, degli autonomi», ha ribadito il «valore sociale» dell’impresa e ha benedetto le mobilitazioni di Cgil e Uil contro la manovra. Oggi sarà a piazza SAnti Apostoli a Roma alla manifestazione indetta dei dem contro la finanziaria. Dal palco parleranno Letta, Speranza, Zingaretti e i candidati governatori del Lazio e della Lombardia, D’Amatop e Majorino. Tra i dem c’è timore per la riuscita dell’evento, che arriva nel mezzo della bufera sull’europarlamento. Bonaccini non alza i toni contro il governo: «Dobbiamo essere un partito che non demonizza l’avversario: se sarò eletto segretario andrò subito da Meloni per dire che come opposizione ad ogni “no” affiancheremo una proposta alternativa».

Se il governatore dice di voler fare del Pd un partito «laburista», sui temi sociali restano le distanze sui temi sociali con la sinistra interna, che ieri si è rinuita via web per discutere della costituente. «Dobbiamo far sì che ci sia un controesodo della nostra base sociale, di quel mondo del lavoro che non ci ha più ritenuti affidabili», ha detto Peppe Provenzano, che ha lanciato una frecciata a Bonaccini: «Il lavoro lo crea l’impresa? Certo, ma può farlo anche lo stato: non a caso Biden, che non è un sovversivo, ha lanciato l’American Jobs plan».

E Andrea Orlandoha rincarato: «Si parla troppo di correnti e di contrapposizione abbastanza fittizia tra amministratori e rappresentanza centrale come se il nostro partito non fosse stato diretto quasi sempre da amministratori o ex amministratori».

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