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Con Guaidó un’autoproclamazione tira l’altra

Con Guaidó un’autoproclamazione tira l’altraJuan Guaidó davanti all’Assemblea nazionale, ieri a Caracas – Afp

Venezuela Colpi di teatro di fronte all'Assemblea nazionale, voti virtuali, guerra mediatica di versioni contrapposte dei fatti: il nuovo capitolo della crisi politica venezuelana è senza vincitori

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 8 gennaio 2020

Si è svolta ieri in un clima di tensione la prima sessione dell’Assemblea nazionale (An) presieduta dalla nuova giunta direttiva, 48 ore dopo la perdita della presidenza da parte di Juan Guaidó. Il quale, dopo essersi fatto riconfermare nell’incarico con una votazione virtuale presso la sede del quotidiano El Nacional – un’autoproclamazione tira l’altra -, ha dato vita ieri a una sessione parallela, sempre negli spazi dell’An, praticamente al buio.

E, ancora una volta, è una vera guerra di informazioni contrapposte ad accompagnare lo scontro politico.

NELLA VERSIONE DI GUAIDÓ, sostenuta dagli Stati uniti e dai loro alleati, l’ingresso in parlamento del leader dell’opposizione e dei deputati a lui fedeli sarebbe stato impedito dalla Guardia nacional, mentre, all’interno dell’aula, avrebbe avuto luogo, senza quorum e senza verifica dei voti, l’elezione della nuova giunta direttiva, costituita tutta da parlamentari dell’opposizione moderata: l’ex deputato di Primero Justicia Luis Parra come presidente, il deputato del Copei Franklin Duarte come primo vicepresidente, l’ex deputato di Voluntad Popular José Gregorio Noriega come secondo vicepresidente e Negal Morales di Acción Democrática come segretario. Alcuni dei quali, a cominciare da Parra, accusati di aver preso soldi dal governo per votare contro Guaidó: un’accusa rispedita al mittente dal chavismo, che ha denunciato il tentativo dell’estrema destra, già travolta da scandali vari, di comprare deputati dell’opposizione moderata in vista dell’elezione della nuova presidenza del parlamento.

MA CHE LA NUOVA GIUNTA direttiva sia o meno tacciabile di corruzione – il nome di Parra è legato a uno scandalo che ha coinvolto il Comitato di controllo dell’An, utilizzato dall’opposizione per fare affari con imprenditori stranieri -, le cose sono andate in maniera piuttosto diversa da come le ha presentate l’autoproclamato. Se la votazione, avvenuta per alzata di mano, è stata decisamente caotica e, dai video disponibili della sessione parlamentare, non appare chiaro se la nuova giunta abbia ricevuto davvero 81 voti (da parte di chavisti e di oppositori moderati) come è stato dichiarato, né quanti fossero esattamente i deputati presenti in aula – tra i giornalisti presenti c’è chi ha parlato di 104, chi di 140 e chi di 150 -, sembrano esserci pochi dubbi sul fatto che il quorum – pari alla metà più uno dei 167 parlamentari eletti, cioè 84 – fosse stato raggiunto.

Ma, soprattutto, video e testimonianze giornalistiche concordano sul fatto che sia stato impedito l’ingresso solo a cinque deputati inabilitati (e già sostituiti dai rispettivi supplenti) che accompagnavano Guaidó, il quale, invitato ripetutamente a entrare, ha risposto che lo avrebbe fatto solo se fossero passati anche gli altri cinque.

SECONDO I PARLAMENTARI chavisti e dell’opposizione moderata, l’ormai due volte autoproclamato non aveva, in realtà, alcuna intenzione di dare inizio alla sessione, sapendo di non contare sul numero di voti sufficienti per essere rieletto, sia a causa dei tanti deputati fuggiti dal paese (che egli aveva preteso, invano, di far votare per via telematica), sia per via delle divisioni interne all’opposizione, una parte della quale è impegnata già da mesi in un dialogo con il governo.

È stato solo dopo un’attesa di tre ore che alcuni deputati dell’opposizione moderata hanno deciso di applicare il regolamento in base a cui, in assenza del presidente del congresso, la sessione può essere aperta dal deputato più anziano, in questo caso il 79enne Héctor Aguerro.

E solo quando la sessione stava terminando – e l’accesso al parlamento era stato chiuso – Guaidó, con un colpo da maestro, ha tentato di scavalcare la recinzione, facendosi così riprendere dalle telecamere di tutto il mondo come vittima di un golpe parlamentare.

SI CHIUDE COSÌ un’altra infelice pagina della crisi politica venezuelana, e si chiude, in realtà, senza vincitori. Non ha vinto, evidentemente, Juan Guaidó che, al di là del recupero di visibilità internazionale ottenuto con gli ultimi eventi, è sempre più confinato in una dimensione virtuale. Ma non ha vinto neppure il governo Maduro, la cui posizione, sul piano internazionale, non è ora di certo destinata ad alleggerirsi.

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