«La Sardegna è strategica per la Difesa. I poligoni e le basi militari nella regione non subiranno alcun ridimensionamento». Così il ministro Guido Crosetto sabato scorso alla festa dell’unità nazionale e delle forze armate che si è celebrata a Cagliari. I poligoni e le basi militari operativi in Sardegna sono il sessanta per cento delle servitù militari attive sull’intero territorio nazionale, dalla Sicilia al Friuli e alla Valle d’Aosta. Crosetto, ovviamente, conosce bene questo dato e sa anche, altrettanto bene, che contro le basi esiste in Sardegna, da decenni, un ampio movimento che dei poligoni chiede il ridimensionamento o la chiusura.

Persino il moderatissimo quotidiano cagliaritano “L’Unione sarda”, in un lungo editoriale sul numero in edicola sabato scorso, firmato non dal direttore ma dall’editore Sergio Zuncheddu, della presenza militare sull’isola ha chiesto un’attenuazione e s’è spinto a parlare, rispetto ai giochi di guerra che devastano l’isola, di colonialismo. Crosetto sa anche che il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Cagliari, Giuseppe Pintori, ha rinviato a giudizio cinque alti ufficiali dell’esercito, finiti sotto inchiesta con l’ipotesi di disastro ambientale colposo nell’ambito di un’indagine della procura della Repubblica sugli effetti di decenni di esercitazioni militari nel poligono di Teulada.

Il dibattimento si aprirà il 5 gennaio 2024 davanti al secondo collegio penale del tribunale di Cagliari. Tra gli imputati, tutti ex comandanti del poligono, c’è il generale Claudio Graziano, attualmente presidente del consiglio di amministrazione di Fincantieri. Prima di arrivare ai vertici della holding, Graziani ha avuto responsabilità di primissimo livello nella Difesa. Il 14 ottobre 2011 è diventato capo di stato maggiore dell’esercito e il 24 dicembre 2014 capo di stato maggiore della Difesa (incarico che ha mantenuto sino al 5 novembre 2018) e in questa veste il 7 novembre 2017 è stato designato presidente del Comitato militare della Ue, posizione occupata sino all’aprile del 2022, quando la Cassa depositi e prestiti lo ha indicato come presidente del cda di Fincantieri.

Rispetto a tutto questo, è esagerato dire che le dichiarazioni di Crosetto a Cagliari se non sono proprio una provocazione certamente sono fuori luogo? Direi di no. Tanto meno, poi, sono ricevibili le parole del ministro quanto più la loro arroganza viene ideologicamente camuffata dall’esaltazione del mito del sacrificio dei sardi nelle due guerre mondiali, in particolare nella prima.
Crosetto segua l’invito che gli abbiamo fatto sabato e legga Emilio Lussu.

È ora di finirla di prendere in giro i sardi e tutti gli italiani con il mito della Brigata Sassari. Ho avuto un nonno materno che ha combattuto nella Brigata Sassari insieme con Lussu. Si chiamava Giuseppe, faceva il bracciante, militava nel Partito socialista. Era contro l’ingresso dell’Italia nel conflitto, come tanti che al fronte sono stati sbattuti per uccidere e per essere uccisi nonostante fossero, di fatto, obiettori di coscienza. Non ho avuto modo di conoscere mio nonno perché è morto nel 1953, non molto prima che io nascessi. Di lui però parlavo con sua moglie, Caterina. Le chiedevo che cosa Giuseppe dicesse della guerra. «Proprio nulla – rispondeva lei – neppure una parola. E guai a chiederglielo». Della carneficina Giuseppe non voleva parlare e le medaglie – raccontava mia nonna – che gli avevano dato (due) le aveva gettate nella spazzatura. Diceva, il silenzio di Giuseppe, che niente giustifica l’orrore delle guerre e che il mattatoio al quale lui era stato costretto semplicemente non avrebbe mai dovuto essere. Vale per il Carso, vale per oggi.