Sardegna divisa in due: metà isola sotto l’acqua, ma l’Ogliastra soffre la sete
Clima Ritrovato il corpo dell'uomo travolto dall'alluvione di sabato. Il cadavere ritrovato all’interno del parco del monte Arcosu
Clima Ritrovato il corpo dell'uomo travolto dall'alluvione di sabato. Il cadavere ritrovato all’interno del parco del monte Arcosu
Il corpo senza vita di Davide Manca è stato trovato da una squadra dei vigili del Nucleo alpino fluviale in una zona tra le meno accessibili del Monte Arcosu, un parco naturale nell’estremo lembo sud occidentale della Sardegna. Quarantuno anni, di Cagliari, appassionato di vela, Manca è stato travolto dalla furia delle acque che durante l’alluvione dello scorso week end ha devastato tutta la parte meridionale dell’isola. Mentre Manca era bordo della sua Jeep, guadava un torrente durante un’escursione, l’acqua lo ha travolto. Faceva parte di in un gruppo di altri sette compagni che sono riusciti tutti a mettersi in salvo. Alle ricerche hanno partecipato anche molti amici di Manca, che hanno setacciato ogni anfratto di Monte Arcosu sino a quando, ieri mattina , vicino alla diga di Medau Zirimilis, dove erano stati recuperati i rottami della Jeep, non hanno ritrovato il cadavere.
L’alluvione che ha causato la morte di Manca è una delle più devastanti in Sardegna negli ultimi anni. In poche ore, nella tarda serata di sabato scorso, sono caduti circa 300 millimetri di pioggia, tanta acqua quanta ne cade in un anno intero. Campi allagati e danni ingenti alle coltivazioni e alle aziende agricole in tutta l’area che va dal Campidano sino al Sulcis. Un evento estremo avvenuto mentre nell’isola zone molto vaste sono invece allo stremo per la siccità. In Baronia, a Nord di Nuoro, e in Ogliastra, nel quadrante sud orientale, agricoltori e allevatori sono alle prese con una mancanza di acqua che in molti casi rischia di mettere in ginocchio le loro imprese. Meteorologi ed esperti di clima spiegano che siccità e alluvioni sono un paradosso solo apparente. In realtà si tratta di due facce della stessa medaglia: i mutamenti climatici legati all’eccesso di emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera. È il climate change che genera, nello stesso tempo, un costante aumento delle temperature (associato a una progressiva riduzione delle precipitazioni) e i fenomeni meteo estremi, le water bombs che nel giro di poche ore devastano territori interi. I terreni induriti alla siccità, poi, sono un alveo sul quale le ondate di piena scorrono con particolare velocità, aumentando l’effetto disastroso delle esondazioni.
Un altro aspetto da non sottovalutare è legato alla gestione del territorio. Le zone interne della Sardegna vivono da un paio di decenni un processo di massiccio spopolamento. Assenza di prospettive di crescita economica, tagli pesanti ai servizi sociali, smantellamento delle strutture scolastiche e persino degli apparati amministrativi dello Stato e della Regione Sardegna, hanno come conseguenza la fuga, dei più giovani in particolare, verso le zone costiere e fuori dell’isola. Ci sono aree ampie nelle quali lo spopolamento significa abbandono dei terreni, non più coltivati o curati, a un destino di progressivo degrado che in molti casi, come documentato dagli studi del Gruppo di ricerca sulla desertificazione del dipartimento di Agraria dell’università di Sassari, prefigura inquietanti scenari pre-sahariani. Le alluvioni provocate dal climate change trovano in questi terreni degradati un sito ideale per dispiegare al massimo la loro micidiale forza distruttiva.
Per non parlare poi dell’emergenza boschi, con enormi aree verdi che si stanno seccando. Querce, corbezzolo, lentisco e ginepri, sfiniti dalla siccità vanno incontro a un tale indebolimento dei loro normali meccanismi fisiologici di difesa dagli agenti patogeni che sono attaccati da un fungo parassita, la Phytophthora, che li sta uccidendo. È un disastro ambientale che passa sotto silenzio, di cui quasi nessuno parla. Discorso simile vale anche per l’epidemia di blue tongue che decima gli allevamenti sardi, con un virus molto resistente la cui azione è favorita, dicono gli esperti che combattono la malattia sul campo, dalle nuove condizioni climatiche, in particolare dall’aumento delle temperature e dalla scarsità di piogge. Insomma, le bombe d’acqua e i loro morti finiscono sulle pagine dei giornali, ma dietro, in Sardegna come altrove, c’è un quadro più vasto che diventa sempre più preoccupante.
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