Il 2024 inizia in salita per il Pd di Elly Schlein. Il puzzle delle elezioni locali, tra regionali e oltre 3800 comuni al voto (oltre 25 capoluoghi), non sta andando per il verso giusto. In Piemonte l’alleanza col M5S non quaglia: le due delegazioni si sono incontrate per la prima volta pochi giorni fa, si rivedranno il 17 gennaio. Ma i grillini, guidati dalla neo vicepresidente Chiara Appendino, sono ancora intrisi delle scorie degli anni scorsi, quando lei guidava Torino e i dem le facevano una dura opposizione. «Restiamo consapevoli della rilevanti differenze nell’individuare strumenti e priorità per il Piemonte del futuro», le parole dei 5s dopo l’incontro. In Piemonte, per battere il governatore uscente Alberto Cirio, l’alleanza è indispensabile: i 5S sono accreditati di un 8-9% che è fondamentale anche solo per poter competere con le destre.

Centrosinistra in alto mare anche in Basilicata, dove il candidato scelto dal Pd, l’imprenditore Angelo Chiorazzo (esponente del mondo cattolico e amico di Gianni Letta) sembra essere rimasto senza alleati, eppure determinato ad andare avanti. L’alleanza c’è in Abruzzo, campo largo attorno all’ex rettore Luciano D’Amico, ma i sondaggi danno il presidente uscente meloniano Marco Marsilio molto in vantaggio.

C’è poi la grana di Firenze, con la scissione dell’ex assessora Cecilia Del Re che correrà da sola. Il partito le ha preferito la collega Sara Funaro, senza primarie. E lei ha sbattuto la porta. Nel campo anti-Meloni corre anche la renziana Stefania Saccardi, una civica potrebbe coagularsi attorno a Tommaso Montanari, con 5S e pezzi di sinistra: tutti i non Pd si lanciano segnali per possibili accordi, Renzi sogna per il 3 marzo primarie di tutti senza i dem.

Un mezzo disastro che rischia seriamente di impedire ai progressisti di vincere al primo turno contro il candidato delle destre Eike Schmidt, direttore degli Uffizi, fresco di cittadinanza italiana. Un pasticcio che fa gongolare Renzi, che vede in una possibile sconfitta a Firenze l’antipasto di una cacciata di Schlein. Al Nazareno, a taccuini chiusi, ammettono che «la partita è stata gestita male». Dal sindaco uscente Nardella (grande sponsor di Funaro) ma anche dal responsabile Enti locali Davide Baruffi, che è il braccio destro di Bonaccini in Emilia- Romagna. Insomma, tra le righe si legge un retropensiero: «Se perdiamo mica è colpa di Elly».

In realtà, spiegano, «al voto mancano sei mesi, c’è cauto ottimismo di poter recuperare». Come non viene spiegato: ci sono tentativi in corso di recuperare Del Re. «Il tempo per trovare una sintesi c’è», dice Bonaccini. Grande incertezza anche a Bari dove, nonostante la presenza dei 5s nella giunta regionale di Emiliano, il partito di Conte non ha ancora deciso se correre insieme ai dem per il dopo-Decaro.

L’unica consolazione, in vista delle regionali, è che il centrodestra non sta messo meglio: in Sardegna lo scontro sul candidato governatore è ormai una faida, con la Lega sola a difendere l’uscente Solinas e Fdi pronta a schierare il sindaco di Cagliari Paolo Truzzu. Stessa incertezza per il governatore della Basilicata, Vito Bardi di Fi, che Meloni vorrebbe non ricandidare.

In casa Pd non si coltivano troppe illusioni. «Fino alle europee Conte non ci darà una mano perchè è ossessionato dall’idea di superaci». Per questo motivo si lavorerà ventre a terra per fare alleanze dove possibile, ma con la consapevolezza che «non si può obbligare nessuno». Di fatto, viene ricordato, le 4 regioni al voto sono a guida centrodestra. E dunque una quadrupla sconfitta non sarebbe una tragedia.

La sfida delle europee viene presa molto sul serio. Tra chi sostiene Schlein il pressing per farla correre da capolista in tutte e 5 le circoscrizioni sta crescendo. «E se Meloni lo farà, per Elly sarà impossibile tirarsi indietro», spiegano fonti dem. L’ipotesi del duello tv tra le due leader, che dovrebbe tenersi entro fine marzo, rafforza l’idea di una polarizzazione a due. «Sarebbe sbagliato candidarsi in tutti i collegi», ha frenato ieri Bonaccini. «Non siamo il partito di un capo, a differenza di Fdi abbiamo una classe dirigente credibile».

Lui ribadisce di essere «a disposizione del partito», ma è ormai abbastanza chiaro che correrà nel Nordest. Come Antonio Decaro al Sud (probabile anche una corsa di Piero De Luca), Zingaretti, Nardella e Matteo Ricci al centro, Giorgio Gori al Nordovest. La candidatura di Schlein rischia di scompaginare i piani dei big che vorrebbero fare i capilista. E di suonare come un secondo tempo del congresso: un modo per ribadire, preferenze alla mano, che la leader è lei. Le correnti se ne facciano una ragione.