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Commissione Ue, i socialisti scendono dalle barricate

L’esterno del palazzo della Commissione Europea foto ApL’esterno del palazzo della Commissione Europea – foto Ap

Europa Martedì Von der Leyen presenta l'esecutivo

Pubblicato 25 giorni faEdizione del 14 settembre 2024

Quelli più duri rimangono i Verdi. Che sono dentro la maggioranza Ursula bis, anzi sono stati la condizione imprescindibile dell’elezione della leader tedesca. Per loro, la preoccupazione sul nome di Raffaele Fitto rimane, così come quelle di uno spostamento più a destra dell’esecutivo nel caso in cui von der Leyen lo scegliesse come vice. «L’idea di affidare una posizione di rilievo a un movimento di estrema destra in Italia», afferma un portavoce dei Greens, «rischia di spostare la Commissione e di compromettere l’equilibrio democratico dell’istituzione».

Un radicalismo, quello degli ambientalisti, che non fa proprio per i socialisti. Che sul nome di Fitto sono scesi dalle barricate (ammesso che ci siano mai saliti) a tempo di record. Il problema del gruppo è trovarsi in un governo con ben 14 esponenti Ppe indicati da altrettante capitali, a fronte di soli 4 socialisti. I numeri parlano chiaro, ma «non si può mica pensare che S&D faccia saltare tutto», segnala una fonte Ppe a Bruxelles, anche perché non converrebbe, in primo luogo ai progressisti. Ecco perché la sensazione, in questa fase negoziale, è di assitere a molta tattica e un gioco al rialzo. «Ogni gruppo politico prende in ostaggio un candidato dell’altro», sottolinea una fonte dell’Eurocamera, «in modo da avere una leva ed ottenere di più».

E poi c’è la componente italiana, prima delegazione in termini numerici all’interno del gruppo S&D, che deve destreggiarsi nel difficile equilibrio, tra responsabilità nazionale da un lato e necessità di marcare la distanza dalla destra dall’altro. Non tanto da Raffaele Fitto, il più democristiano degli esponenti di FdI, ma di sicuro dalla destra conservatrice di Ecr, capeggiata da Giorgia Meloni. Su questo le distanze dalla componente spagnola, che esprime la presidente del gruppo Iratxe Garcia Perez sono apparse chiare fin dall’inizio, anche se sembrano essersi affievolite in tempo brevi. Ieri i socialisti hanno sì reiterato la richiesta che le vicepresidenze esecutive rispecchino gli impegni della maggioranza, come equilibrio di genere o attenzione ai diritti sociali. Ma hanno poi indicato l’appuntamento decisivo nell’esame dei candidati scelti dai governi dei Ventisette di fronte commissioni parlamentari competenti sul loro portafoglio.

«Per noi ci sono criteri da soddisfare, non pregiudiziali ideologiche», dichiara al manifesto Alessandra Moretti, vice capodelegazione Pd al Parlamento europeo. Il problema del ruolo, quello della vicepresidenza esecutiva che porterebbe Ecr al cuore della Commisione Ue, si pone perché i Conservatori non hanno votato per von der Leyen. Tuttavia «non poniamo veti ma chiediamo adesione ai valori e al programma della maggioranza», continua Moretti, guardando già all’audizione del commissario italiano, dove «Fitto dovrà rispondere a domande ben precise», dal Green deal al debito comune. «Per noi comunque è positivo che venga dato un ruolo di peso per l’Italia», conclude l’esponente dem.

Ed è per questo che tutti gli occhi sono puntati su ruolo e portafogli che verranno assegnati ai commissari. Alla fine, von der Leyen ha deciso che non c’è bisogno di aspettare le decisioni del parlamento sloveno per rivelare struttura e portafogli della nuova Commissione europea il prossimo martedì mattina a Strasburgo. L’ultimo nome per comporre il collegio dei «ministri» del futuro esecutivo, quello dell’ex diplomatica slovena Marta Kos, dovrebbe passare al vaglio di una commissione parlamentare di Lubiana presieduta dall’opposizione, che però ieri ha rinviato la seduta di conferma a data da destinarsi. Così il primo portavoce della Commissione Ue, Eric Mamer, ha chiarito come l’intenzione della presidente è quello di andare fra tre giorni in conferenza dei presidenti, aggiungendo sibillino: «C’è molto tempo fino a martedì prossimo. Vedremo come vanno le cose».

Si può ipotizzare che dietro le quinte, von der Leyen proverà esercitare un’opera di persuasione sul partito che blocca la nomina, Sds, membro del Ppe anche se ostile alla leader tedesca. Oppure, più plausibilmente, andrà a Strasburgo senza preoccuparsi ulteriormentedella conferma da parte slovena, dopo averla attesa per una settimana. Una mancanza che comunque non rappresenta un reale ostacolo, almeno finché non si metteranno in calendario le audizioni, confermano da Bruxelles.

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