È finalmente cominciata ieri l’avventura di Lula in Cina, dopo il rinvio a cui il presidente era stato obbligato a marzo per una broncopolmonite. Accompagnato da una quarantina di autorità tra ministri, governatori e parlamentari, a cui si aggiungono circa 300 imprenditori, Lula si aspetta moltissimo dalla visita – riprogrammata in tempi record – a quello che dal 2009 è il principale socio commerciale del Brasile.

ALMENO 20 GLI ACCORDI bilaterali, commerciali e tecnologici, che verranno firmati, tra cui la costruzione del Cbers-6, il sesto di una serie di satelliti realizzati in collaborazione tra i due paesi, che consentirà di monitorare la foresta amazzonica.

«La Cina è un partner oggi essenziale per il Brasile e per l’America Latina. Noi intendiamo consolidare questa relazione», ha dichiarato Lula prima della partenza, annunciando di voler invitare Xi Jinping in Brasile. «Quello che vogliamo è costruire una collaborazione con i cinesi, perché possano investire in cose che non esistono: autostrade, ferrovie, centrali idroelettriche, un qualunque progetto che significhi qualcosa di nuovo per il Brasile».

E SE IN TALE AUSPICIO c’è chi vede un’ulteriore minaccia ai già devastati ecosistemi del paese, quello che Lula persegue attraverso la cooperazione con la Cina è in realtà la reindustrializzazione dell’economia brasiliana, andando oltre l’attuale esportazione, in particolare, di minerale di ferro, petrolio e soprattutto soia (la cui produzione è legata al latifondo, ai transgenici e all’uso estensivo di pesticidi). Con un obiettivo prioritario: lo sviluppo nel paese di un’ormai imprescindibile industria di semiconduttori, un settore su cui le principali potenze mondiali investono centinaia di miliardi di dollari.

Nel quadro della cooperazione con la Cina si inscrive tuttavia anche la possibile adesione del gigante latinoamericano – fortemente caldeggiata dai cinesi – alla Belt and Road Initiative (Bri), la nuova Via della seta: l’immenso programma di costruzione di infrastrutture di cui fanno già parte una ventina di paesi latinoamericani.

E intanto, mentre il commercio tra Brasile e Cina ha superato i 171 miliardi di dollari nel 2022, con un aumento annuale del 4,9%, ci si attende molto dall’accordo in base a cui gli scambi commerciali tra i due paesi saranno condotti nelle rispettive valute, in reais e yuan, senza utilizzare il dollaro statunitense, la valuta impiegata normalmente nelle transazioni internazionali.

CHE QUESTE SIANO TUTTE brutte notizie per gli Stati uniti, non è sfuggito al quotidiano O Globo, che, in un editoriale pubblicato lunedì scorso, ha messo in guardia Lula dal rischio di irritare Washington: «Quando atterrerà nel paese, Lula avrà di fronte a sé una grande sfida: tenersi in equilibrio tra i giganti globali, Stati uniti e Cina, dichiaratamente in rotta di collisione. Al Brasile non interessa scontentare nessuno dei due. Dimenticarsene è il principale pericolo per Lula».

Ma a preoccupare O Globo è soprattutto il ruolo del Brasile in relazione alla guerra in Ucraina, «il tema in cui il Brasile ha più da perdere»: «Gli americani accetterebbero qualunque tipo di accordo commerciale o di scambio tecnologico e turistico tra Brasile e Cina. Ma una posizione favorevole all’asse sino-russo nella questione ucraina verrebbe interpretata come una sfida».

Di sicuro, però, la proposta di dar vita a un gruppo di paesi neutrali impegnato a mediare per porre fine alla guerra sarà uno dei punti che il presidente brasiliano discuterà venerdì con Xi Jinping, per quanto pochi al momento appaiano gli spiragli di pace: non a caso le recenti dichiarazioni di Lula riguardo all’opportunità che l’Ucraina ceda la sovranità della Crimea per facilitare un’intesa sono state respinte con decisione dal portavoce del ministero degli Esteri ucraino Oleg Nikolenko, convinto che non vi sia «alcuna ragione legale, politica o morale» per cui l’Ucraina debba cedere «anche un solo centimetro di territorio».

Con il presidente cinese Lula parlerà naturalmente anche di molti altri temi: dal commercio agli investimenti, dalla transizione energetica ai cambiamenti climatici.

OGGI, PERÒ, IL PRESIDENTE brasiliano parteciperà a Shanghai alla cerimonia di insediamento dell’ex presidente Dilma Rousseff alla guida della Nuova Banca di Sviluppo dei Brics (il gruppo composto da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), considerata un importante strumento per la costruzione di un mondo multipolare. E a Shanghai Lula visiterà anche lo stabilimento della Huawei, il gigante delle telecomunicazioni oggetto delle sanzioni Usa, alla cui tecnologia il Brasile ha già attinto per le reti 4G e 5G. L’agenda prevede infine un incontro con gli imprenditori e riunioni con il presidente dell’Assemblea nazionale del popolo Zhao Leji e con il primo ministro Li Qiang.