Europa

Come lottare contro il finanziamento del terrorismo

Multilateralismo Una conferenza internazionale a Parigi, 72 stati presenti. I soldi dell'Isis e di Al Quaeda, gli investimenti in attività legali, i traffici illegali. La Francia propone di abolire l'anonimato delle transazioni finanziarie (ma i paesi del Golfo finora hanno rifiutato)

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 27 aprile 2018

Una delle armi per combattere il terrorismo è individuare e lottare contro le varie forme di finanziamento. Una conferenza internazionale per fare il punto sulla situazione e condividere gli strumenti di lotta si conclude oggi a Parigi nella sede dell’Ocse: “No money for terror”, contro il finanziamento di Daesh, di Al Quaeda e dei  gruppi affiliati.

Per la Francia, “è un nuovo impegno al servizio del multilateralismo”.

Sono rappresentati 72 stati, con un’ottantina di ministri e 450 esperti internazionali, venuti dai cinque continenti. Sono presenti l’Onu, l’Fmi, la Banca mondiale, la Lega araba, il Consiglio di cooperazione del Golfo, l’Asean, Interpol, Europol, Eurojust.

“La vittoria contro il califfato costituisce un successo importante – dice l’Eliseo – ma non ci premunisce né contro la ripresa di Daech né contro l’attività di gruppi e di individui che hanno prestato obbedienza a questa organizzazione, come ancora di recente in Francia, o a Al Quaeda. Il radicamento di questi gruppi in regioni vulnerabili – Sahel, Corno d’Africa, Medioriente, Asia meridionale e del sud-est – si è mostrato difficile da limitare”.

Per l’Eliseo, “la minaccia si adatta, evolve”. Daesh e Al Quaeda restano organizzazioni “ricche”, malgrado le sconfitte, quindi “la questione del finanziamento è centrale”.

L’obiettivo della conferenza è convincere tutti della necessità di andare verso “la levata dell’anonimato delle transazioni finanziarie”, afferma l’Eliseo, che ricorda pero’ che questa proposta di recente è stata categoricamente respinta dai paesi del Golfo.

E’ “una corsa di velocità”, perché le organizzazioni terroristiche utilizzano tutti gli strumenti dell’economia e della finanza, tutte le nuove tecnologie.

La conferenza è una scommessa: sono stati invitati i paesi del Golfo, che operano in assoluta opacità nei movimenti finanziari. “Nei suoi contatti con il principe erede dell’Arabia saudita o con l’emiro del Qatar – spiega l’Eliseo – il presidente della Repubblica ha chiarito un certo numero di cose e ottenuto degli impegni. Dei meccanismi si stanno mettendo in atto, le cose prendono tempo, non è facile”. Invece, l’Iran non è stato invitato, per evitare, secondo l’Eliseo, di “importare” alla conferenza conflitti di grande portata che potrebbero paralizzare le discussioni.

Daech ha accumulato un enorme tesoro di guerra nei tre anni del “califfato”. Nel 2014-15, ha incassato più di un miliardo di dollari, un po’ meno nel 2016, ma adesso non si sa dove sia finito questo denaro.

Al Quaeda da tempo ha “decentralizzato” il finanziamento dei gruppi, nel Sahel, nel Sinai o altrove, dove ognuno si autofinanzia e non solo attraverso i riscatti o i “pizzi” che fa pagare alle varie attività. Le imprese occidentali a volte hanno contribuito, come per esempio i cementifici Lafarge in Siria, che hanno pagato l’isis per poter continuare a lavorare. Daech ha investito nell’economia emersa: commerci, immobiliare, imprese, società di import-export, uffici di cambio.

Ha rubato opere d’arte, che poi ha messo sul mercato. In Africa, dei gruppi legati a Al Quaeda guadagnano attraverso il commercio molto prospero di prodotti contraffatti di ogni tipo, dai ricambi automobilistici alle medicine.

In Iraq, l’Isis ha per esempio investito nel settore delle aziende di allevamento di pesci, in particolare le carpe, un commercio molto proficuo. Qui Daech avrebbe dei fondi per sopravvivere almeno per i prossimi 15 anni. Gli attentati costano, ma possono anche essere low cost, come si è visto negli ultimi tempi.

Ma l’Isis a Al Quaeda hanno bisogno di soldi per mantenere in piedi le rispettive organizzazioni, la struttura, i costi di funzionamento, la propaganda.

La lotta al finanziamento del terrorismo deve estendersi a tutte le fonti, che possono essere “legali” (acquisizione di attività economiche normali) o illegali. Deve tener conto dei diversi modi di circolazione dei flussi finanziari: in contanti, attraverso modi informali, ma anche circuiti bancari dalla facciata insospettabile e tutti i modi per trasferire i fondi.

Ci sono difatti molti modi per raccogliere e trasferire i soldi, che sfuggono alla vigilanza degli stati: portafogli elettronici, carte prepagate, piattaforme su Internet, Daech e Al Quaeda utilizzano anche il crowdfunding dietro il paravento di attività caritative.

In Africa, può venire sfruttato il mobile banking, molto diffuso e anonimo.

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