Ci lamentiamo del caldo, ma qualcosa sta cambiando e non di poco conto. Inutile nascondere la testa sotto il cuscino mentre la vita sul Pianeta diventa sempre più complicata e messa a dura prova.

Il 28 maggio scorso a Turbat nella regione del Belucistan (Pakistan) si è toccato un nuovo record nelle alte temperature arrivando a 53,7 °C. Nell’ultimo decennio anche in altri paesi asiatici si sono superati i 50°C, in particolare in India, Iran e Iraq.

Ma questo dato non ci ha riguardato, non ci ha interrogato su dove stiamo andando, come è successo con i conflitti armati che infettano tanti paesi dall’Africa all’Asia all’America Latina, finché non è arrivata la guerra alle porte di casa non ce ne siamo preoccupati.

Mentre d’estate i picchi di temperatura si vanno alzando di anno in anno, d’inverno avviene il contrario con temperature sotto lo zero che hanno sfondato il tetto dei 60°C (un fenomeno di cui sono occupato in passato, analizzando alcune serie storiche, nel saggio “Eventi Estremi”, Milano, 2011).

Diciamo meglio: mentre la temperatura media del nostro pianeta si alza dal tempo della rivoluzione industriale, i picchi di temperatura, verso l’alto e verso il basso, continuano a sfondare i limiti estremi, rendendo la vita dei viventi, dalle piante agli animali, estremamente difficile.

La vita sul nostro pianeta è stata resa possibile dentro questo intervallo di temperature. In tutti gli altri pianeti le temperature minime e massime vanno ben al di là dei 100°C, e soprattutto le escursioni termiche, come avviene anche sulla Luna, sono insostenibili per come conosciamo la vita sulla Terra.

L’affascinante Venere che va in scena nelle notti d’estate ha una temperatura di 475°C di giorno e di –185°C di notte, che è pari alla temperatura media del gelido Saturno, mentre Mercurio è più bollente dell’inferno dantesco con i suoi 430°C che di notte scendono a -185°C.

Dovremmo avere la consapevolezza di vivere in un posto speciale, ma allo stesso tempo fragile, con un equilibrio che è il risultato di una evoluzione avvenuta in milioni di anni e che noi nell’arco di una generazione stiamo mettendo a repentaglio. Viviamo una profonda contraddizione esistenziale: abbiamo una informazione globale, sappiamo quello che avviene in tante parti della Terra, ma ci preoccupiamo solo di ciò che ci riguarda da vicino, nello spazio e nel tempo.

Noi umani che abitiamo il Pianeta non abbiamo sviluppato una coscienza all’altezza del progresso tecnologico, anzi ci siamo rinchiusi nel nostro “particulare” nell’accezione di Guicciardini, cioè nella sola sfera in cui pensiamo di agire e contare. Solo quando veniamo colpiti direttamente prendiamo coscienza di un determinato fenomeno.

Così sta avvenendo con gli effetti del mutamento climatico che finora ci hanno solo sfiorato rispetto a quegli eventi estremi che si registrano in altri paesi del Sud del mondo.

E’ bene sapere, invece, che dovremmo prepararci ad affrontare anche questi picchi di temperatura, che come è avvenuto in Francia nel 2003, possono provocare migliaia di vittime tra tutti gli esseri viventi. A partire dagli enti locali, dovrebbe essere previsto un piano di emergenza per le ondate di calore così da mettere in sicurezza le fasce più fragili della popolazione.

Le misure necessarie non sono difficili da individuare.

Bisogna evitare gli sprechi della risorsa idrica che sta diventando, e ce ne accorgiamo in questi giorni, sempre più preziosa, così come andrebbe vietato il consumo irresponsabile dell’aria condizionata con le porte aperte degli esercizi commerciali, mentre persone anziane e povere non possono più mettersi di accendere un ventilatore per gli aumenti della bolletta elettrica.

Allo stesso tempo dovremmo adesso cominciare ad occuparci di come ci potremo riscaldare in inverno se dovesse prevalere lo scenario peggiore (zero gas dalla Russia), con un piano che punti al risparmio energetico e ad un uso ben più diffuso delle energie rinnovabili. Dovremmo operare come i grandi marchi della moda che presentano oggi le novità per la prossima primavera/estate.

Infine, dovremmo unire i nostri sforzi, almeno a livello europeo, per affrontare questa crisi climatica e invece facciamo di tutto per alimentare la guerra in Ucraina, ritorniamo ad usare il carbone, non vogliamo operare nessuna riduzione dei nostri consumi inquinanti, e tutto questo lo chiamiamo “ritorno alla normalità”.