«Combattiamo la stessa guerra»: così Orbàn apre l’internazionale reazionaria
Stati uniti Il primo ministro ungherese in Texas, al summit trumpista Cpac
Stati uniti Il primo ministro ungherese in Texas, al summit trumpista Cpac
È in corso a Dallas la Conservative political action conference (Cpac), l’annuale summit dei conservatori americani che equivale ad un congresso ufficioso del partito repubblicano di era populista. Parte convention politica e parte revival religioso, l’appuntamento è immancabile per ogni personalità con ambizioni politiche nella destra americana, soprattutto in questa vigilia di mid term, quando urge rodare il repertorio da comizio. Per questa sera è previsto l’intervento di Trump ormai in modalità pre-elettorale, ma intanto sul palco del Hilton Anatole si sono susseguite stelle e pianeti minori del firmamento conservatore a stelle e strisce. Senatori, parlamentari, preti, sceriffi e vedette di Fox News. Da Ted Cruz a Bannon a Sarah Palin ad una (piccola) rappresentanza di simpatizzanti internazionali come Nigel Farage ed Eduardo Bolsonaro (figlio del presidente brasiliano).
Fra questi anche l’ospite d’onore che ha aperto i lavori, Viktor Orbán. Già a maggio il premiere sovranista era stato anfitrione di “Cpac Hungary,” una special edition tenuta a Budapest per rinsaldare i legami di un “internazionalismo reazionario” che di altri tempi sarebbe stato definito internazionale nera.
OGGI IL “FRANCHISING” (il mese scorso un Cpac si è tenuto anche in Israele) sembra mirato ad una santa alleanza transazionale di nazional populisti, neo autoritari ed integralisti. «Siamo impegnati nella stessa guerra, dobbiamo coordinare il movimento delle truppe», ha affermato il premier ungherese accolto con ovazioni dal pubblico a cui ha detto di considerare l’Ungheria «la stella solitaria d’Europa» (omaggio al nomignolo del Texas – Lone Star State).
La geopolitica non è principale vocazione dei neo conservatori, tendenzialmente isolazionisti e tutti volti ad ingigantire le culture wars adatte ad infiammare la base, ma l’affinità della destra Usa con Orbán ed il suo regime etno-nazionalista è ormai consolidata. Nella via ungherese i Maga ravvisano il compimento esemplare del loro progetto: un regime securitario e teocratico basato su una para democrazia strettamente controllata.
A Dallas Orbán ha trovato un pubblico del tutto allineato con le sue recenti dichiarazioni contro la «razza mista» a cui però egli stesso ha offerto assoluzione pelanaria affermando che per definizione «un leader cristiano non può essere razzista». Citando Eastwood e i Texas Ranger («Più Chuck Norris, meno travestiti!») il premier ha esposto l’Orbán pensiero nei termini più “texani” possibile, inanellando un decalogo di risposte semplificate a problemi complessi, tutte ricondotte allo scontro di civiltà fra difensori della tradizione giudeo cristiana dell’occidente contro la cabala di élite globaliste decise a dare le chiavi della fortezza Europa alle orde di invasori.
«L’UNGHERIA era assediata da immigranti più numerosi delle truppe di Gengis Khan, ma abbiamo chiuso i confini e ridotto i clandestini a zero», ha spiegato suscitando entusiasta approvazione in Texas, stato che ha promesso di terminare la fortificazione confine col Messico lasciata incompiuta da Trump.
Altro prevedibile cavallo di battaglia, la difesa della famiglia tradizionale contro il sacrilegio “gender” con un excursus sugli incentivi alle donne ungheresi a procreare per la maggior gloria della razza magiara. Il discorso ha calcato sulle metafore belliche del conflitto epocale fra forze patriottiche e gli eretici progressisti e liberali, eredi, apparentemente, sia di comunisti che di nazisti. «Abbiamo entrambi due anni per preparare lo scontro finale nelle elezioni del 2024: presidenziali Usa e parlamentari europee», una concezione “militarizzata” in piena sintonia coi riflessi apocalittici e la retorica da guerra civile che colorano il riflusso reazionario globale e il trumpismo in particolare.
SCONTATA OGGI una replica sugli stessi temi da parte di Trump, ma al di là del solito repertorio in scena a Dallas, l’evoluzione delle neo destra americana ha anche altri protagonisti. Questa settimana il governatore della Florida (e potenziale erede di Trump) Ron De Santis ha sospeso il procuratore di Tampa perché non abbastanza solerte nell’applicare le nuove leggi anti aborto. E sempre in quello stato è stato completato il primo corso di rieducazione patriottica per insegnanti delle scuole pubbliche. L’Ungheria non è poi così lontana.
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