ExtraTerrestre

Colombia, terre rubate violenza e agroindustria

Agroindustria Dopo un lungo conflitto, i soprusi dei paramilitari continuano e le monocoltivazioni avanzano con la complicità dello Stato. Solo Justicia y Paz sta con i contadini

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 19 settembre 2019

La Colombia è stato e continua ad essere uno dei paesi dell’America Latina più ingiusti e diseguali in tema di distribuzione della terra. La progressiva concentrazione di essa in poche mani, unita a una sistematica violazione dei diritti umani e alle violenze, sono state alla base del conflitto armato che l’ha insanguinata per più di mezzo secolo.

UN CONFLITTO DALLE CIFRE AGGHIACCIANTI di assassini (983.033) e sparizioni forzate (165.927) e che colloca la Colombia al secondo posto dopo la Siria per il numero di persone costrette ad abbandonare forzatamente le loro terre: 7 milioni secondo il report 2015 del Centro di Memoria Storica.

UN PROBLEMA, QUELLO DEL POSSESSO, uso e distribuzione della terra, ancora ben lungi da una risoluzione nonostante la smobilitazione del principale gruppo guerrigliero, le FARC , la stipula di un accordo di pace che parla di una riforma agraria integrale e una legge (la 1448 del 2011) sulla restituzione della terre alle vittime del conflitto armato. Perché anche nel contesto di un processo di pace quei contadini che hanno subito lo sfollamento e quelli che sono tornati vedono costantemente minacciati i loro diritti quando non la loro stessa vita.

Justicia y Paz è una organizzazione che da più di 30 anni lavora sull’affermazione dei diritti delle persone discriminate e vessate nei contesti urbani e rurali. Per entrare nella sua sede a Bogotà devo attraversare due varchi: noto che il guardiano prima di aprire la porta che ho davanti chiude quella che mi sono lasciata alle spalle. Mi viene incontro Padre Alberto Franco, uno dei membri più esposti dell’organizzazione: oltre a ricevere numerose minacce, nel 2013 è sfuggito a un attentato.

PADRE ALBERTO E’ UN UOMO MINUTO e segaligno, parla a voce bassa: ha due occhi vivissimi e lo sguardo assorto di persona sovraccarica di pensieri ed incombenze. Ha un quadro chiaro della questione, completo delle sue varie sfaccettature e nelle diverse regioni del paese: la palma da olio nella zona amazzonica, le piantagioni di banana nei caraibi, la deforestazione negli altipiani centrali. Situazioni nelle quali si riscontra uno schema comune: terre abitate storicamente da comunità afro, indigene o meticce che furono costrette ad abbandonarle a causa del conflitto armato e che ora sono occupate da allevamento o monocoltivazioni intensivi. Le tantissime storie che escono dai territori fanno capire come il modello agro-industriale aggressivo portato avanti dalla Colombia da mezzo secolo fa in avanti si sia accompagnato a violenze, pressioni, intimidazioni. E se non bastassero le storie ci sono i processi e le condanne a dimostrare come l’esercito nazionale abbia spesso in queste zone agito in concerto con i gruppi paramilitari, nonché le relazioni di quest’ultimi con alcuni degli impresari che sono venuti a farci affari. Capi paramilitari hanno dichiarato che Vincente Castaño, uno dei due fratelli che comandavano le famigerate AUC, manteneva relazioni con i produttori di olio di palma e allevatori di bestiame.

LA MISSIONE DI JUSTICIA Y PAZ è quella di dare visibilità a questa relazione fra la violenza armata e l’uso delle terre, scavando nel passato e continuando a segnalare i soprusi del presente. Da più di 30 anni accompagnano le comunità, depositano denunce, seguono i processi. Fra gli apporti più importanti quello della promozione di meccanismi di autoprotezione: data una zona soggetta a tensioni, si costruiscono delle «zone umanitarie», piccoli spazi fisici dove riunire delle persone, 20-30 famiglie, che vengono seguite 24 ore su 24, protette 360 giorni al l’anno e dove le organizzazioni internazionali possono accedere contribuendo a portare alla luce i fatti e seguire i processi giudiziari. A Padre Alberto brillano ancora di più gli occhi mentre parla di queste esperienze che in quel contesto risultano straordinarie: delle isole di pace in un mare di violenza, dove le persone non solo hanno trovato protezione ma anche portato avanti la loro lotta.

NEI LUOGHI DOVE SI SONO CREATE le zone umanitarie il costo in vite umane è stato più basso ed è con soddisfazione che padre Alberto racconta come in alcuni casi abbiano messo i bastoni fra le ruote ai grandi impresari, come nel caso delle monocoltivazioni di Palma da Olio nella regione del basso Atrato: negli anni 2004-2006, quelli del boom espansivo, un’intera laguna è stata prosciugata per permettere l’aumento della produzione, ma grazie al lavoro di denuncia, anche delle infiltrazioni paramilitari, la questione si è aperta: sono partite investigazioni e le comunità hanno potuto riconquistare pezzi di territorio; inoltre questo presidio pacifico, impedendo l’ingresso alle fumigazioni necessarie per sconfiggere un parassita della pianta, ha fatto sì che migliaia di ettari scomparissero e che gli impresari e i loro ambigui affari se ne dovessero andare. Dalle zone umanitarie sono nate poi le zone di biodiversità, dove le comunità tutelano i territori vergini dalla deforestazione: alla fine, dice Padre Alberto, persone oppresse con la violenza sono riuscite a creare delle alternative in una logica completamente diversa.

JUSTICIA Y PAZ ASSOLVE UNA FUNZIONE, quella della creazione delle condizioni materiali e di sicurezza per il ritorno alla terra che toccherebbe allo Stato colombiano: ma andando ad analizzare il suo ruolo negli anni, sono evidenti non solo le mancanze nella restituzione ma anche le responsabilità nella sottrazione delle terre. Dopo 5 anni di applicazione della legge del 2011 che stabiliva la restituzione delle terre alle popolazioni sfollate durante la guerriglia, si era arrivati a malapena al 5% di terre restituite e al 10% di persone risarcite. E fu un Ministro dell’agricoltura, Juan Carlos Restrepo ( 2010-1013) a segnalare che le terre di proprietà statale destinate alla restituzione erano diventate private a causa di atti di corruzione di funzionari pubblici.

LA SOTTRAZIONE DELLE TERRE AI CONTADINI colombiani non è avvenuta solo in violazione delle leggi. Sono almeno tre le iniziative che il governo nazionale ha messo in atto in tempi recenti e che permettono di parlare anche di una «privazione legale». Uno di questi è la legge Zidres del 2016 che crea delle «zone di interesse per lo sviluppo economico e rurale». Al centro ci sono i territori abbandonati di proprietà statale, che secondo la legge rurale del 1994 sono vincolati al meccanismo di restituzione e non possono concentrarsi in poche mani. La nuova legge ne autorizza la concessione alle imprese private e permette di legalizzare le accumulazioni di queste terre. Un regalo che le imprese sia nazionali che straniere che nel passato hanno accaparrato terreni illegalmente aspettavano da tempo.

UNA LEGGE CHE RIDUCE L’ACCESSO alle terre dei contadini poveri che saranno costretti a cercare alleanze con le grandi imprese e rinunciare a processi produttivi autonomi. Un ulteriore ostacolo alle aspirazioni di comunità contadine ed indigene di ritornare sui loro terreni ancestrali, mentre soprusi e violenze da parte di gruppi paramilitari continuano e le grandi monocoltivazioni avanzano. Per questo Justicia y Paz noha bisogno del supporto delle organizzazioni di tutto il mondo.

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