Il “governo del cambiamento” di Gustavo Petro è, finora, davvero tale. L’ultimo atto di una serie di misure, iniziative e passi destinati a fondare il paese su basi nuove è venuto lunedì dall’approvazione da parte del Congresso del progetto di legge per la ratifica dell’accordo di Escazú, il primo trattato giuridicamente vincolante in materia ambientale dell’America latina – e l’unico al mondo a contenere disposizioni specifiche per la protezione dei difensori dell’ambiente – entrato in vigore il 22 aprile del 2021.

700 GIORNI sono passati dal momento in cui Iván Duque, cedendo alle richieste dei manifestanti nel quadro del paro nacional del 2019, aveva firmato l’accordo, tralasciando tuttavia di muovere i passi successivi. È dunque solo con l’avvento del governo di Petro che la Colombia ha potuto diventare il 14.mo paese, dei 24 che lo hanno firmato, a ratificare l’accordo, inviando un segnale importante rispetto all’obiettivo di ridurre gli assassinii degli ecologisti e di stabilire meccanismi efficaci di giustizia ambientale. E quanto ce ne sia bisogno lo ha confermato anche il nuovo rapporto di Global Witness, secondo cui negli ultimi dieci anni sono stati assassinati in Colombia 322 difensori della natura (ha fatto peggio solo il Brasile con 342).

MA SE L’AMBIENTE si conferma come una delle grandi priorità del governo, è sul versante della cosiddetta “Pace totale” che si stanno registrando le novità più significative. A partire, naturalmente, dall’annuncio ufficiale della ripresa del dialogo, per la prima settimana di novembre, tra il governo e l’Esercito di liberazione nazionale (Eln), con la mediazione di Cuba, della Norvegia e del Venezuela. Lo stesso Venezuela con cui la Colombia ha riaperto ufficialmente le frontiere lo scorso 26 settembre, avviando così una nuova tappa nelle relazioni tra i due paesi.
Riguardo invece agli altri attori armati, almeno dieci gruppi illegali, secondo quanto assicurato il 28 settembre dall’Alto commissario per la pace Danilo Rueda, hanno risposto all’invito di un cessate il fuoco unilaterale, come dimostrazione della propria volontà di aderire alla proposta di Pace totale del governo. Ma quanto sia lunga la strada su questo versante lo dimostra il fatto che, se il numero di scontri tra tali gruppi e la forza pubblica si è in effetti ridotto, le violenze e gli atti di ostilità nei confronti delle comunità non sono invece cessati.

Una grande prospettiva di cambiamento viene in questo quadro dall’approvazione del progetto di modifica della legge sull’ordine pubblico che lunedì ha iniziato il suo iter al Congresso: un testo di importanza fondamentale che, tra molto altro, stabilisce la “Pace totale” come politica di stato, prevede la creazione di un «gabinetto di pace» con la partecipazione di tutti i ministeri e di un fondo unico amministrato dall’Ufficio dell’Alto commissariato per la pace e modifica la politica di sicurezza tradizionale in direzione della cosiddetta «sicurezza umana» (centrata sulla protezione della vita, sulla prevenzione anziché sulla repressione, sull’interrelazione tra pace, sviluppo e diritti umani, sul superamento della dottrina del «nemico interno» e sulla modernizzazione della forza pubblica). E, ancora, sostituisce il servizio militare obbligatorio con un «servizio sociale per la pace», offrendo ai giovani la possibilità di scegliere una modalità di servizio alla società nell’ambito del lavoro a favore della riconciliazione e delle vittime del conflitto armato, della protezione della natura e dell’alfabetizzazione digitale.

MA ESSENDO la realizzazione di una vera pace inscindibilmente legata alla questione della terra, Petro si è dato da fare anche rispetto all’obiettivo di una riforma rurale integrale secondo quanto previsto al primo punto dell’Accordo di pace con le Farc del 2016. È in questa prospettiva che rientra l’accordo raggiunto dal governo con la Fedegán, la Federazione degli allevatori, per l’acquisto da parte dello stato – benché ancora tutto da definire – di tre milioni di ettari di proprietà del settore da distribuire a contadini e piccoli agricoltori.

E SE LA PACE ha bisogno, anche, di finanziamenti, nuove risorse per un nuovo progetto di paese potrebbero venire dall’ambiziosa riforma tributaria del governo, in discussione al Congresso, con cui il presidente mira ad «avanzare verso un modello di sviluppo sostenibile e a creare un sistema giusto di tassazione in base a cui chi più ha è anche tenuto a pagare di più», a partire dalle fasce più ricche e dalle imprese, in particolare quelle legate ai settori petrolifero, minerario e finanziario.