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Colombia, il lieto fine dei bimbi sperduti

Colombia, il lieto fine dei bimbi sperdutiSoldati e indigeni soccorrono i quattro bambini dispersi per 40 giorni nella giungla – Ap

America latina Ritrovati dopo quaranta giorni tutti e quattro i fratelli sopravvissuti all’incidente aereo nell’impenetrabile giungla del Guaviare. A salvarli il sapere ancestrale della loro comunità indigena, di etnia huitoto

Pubblicato più di un anno faEdizione del 11 giugno 2023

Sembra una favola a lieto fine, una di quelle possibili solo al cinema: una sorta di libro della giungla in versione colombiana. E invece, ancora una volta, la realtà non è stata da meno della fantasia. Quattro bambini scomparsi per 40 giorni nella foresta colombiana del Guaviare – tra cui un neonato di neanche un anno – sono stati ritrovati tutti in vita, e in condizioni di salute non allarmanti: solo disidratati, con segni di denutrizione e coperti di punture di insetti.

ERANO SOPRAVVISSUTI – e si tratta già di un primo miracolo – a un incidente aereo avvenuto il primo maggio, quando il Cessna 206 in cui viaggiavano con la madre Magdalena Mucutuy, morta insieme al pilota Hernando Murcia e al leader indigeno yarupari Herman Mendoza Hernández, si era schiantato nell’impenetrabile giungla del Guaviare. Dovevano riunirsi con il padre, Manuel Ranoque, fuggito da Araracuara, dove viveva con la famiglia, dopo le minacce di morte ricevute da uno dei gruppi guerriglieri attivi nella regione
Nelle condizioni estreme della giungla, dove piove anche per 16 ore al giorno e la vegetazione è così fitta che non si riesce a vedere oltre i 20 metri di distanza, i quattro fratelli – Lesly, la maggiore, di 13 anni; Soleiny, di 9, Tien Noriel di 4 e Cristin di un anno – ce l’hanno fatta da soli, tra giaguari, serpenti, ragni, scorpioni e piante velenose, con il solo sostegno di un cane, il pastore belga Wilson, uno di quelli impiegati nelle ricerche, che ha fatto loro compagnia negli ultimi giorni della loro incredibile avventura. E che, unica nota dolente, risulta scomparso.

NON SONO, IN REALTÀ, bambini come tutti gli altri: la loro forza è il sapere ancestrale della loro comunità indigena, di etnia huitoto. «Questa è una foresta vergine, fitta, pericolosa», ha spiegato John Moreno, leader indigeno guanano del Vaupés: «Per questo hanno dovuto ricorrere, per poter sopravvivere, alle conoscenze tradizionali apprese nella comunità» e trasmesse in particolare dalla nonna, Fatima Valencia, grande custode della sapienza ancestrale nella riserva indigena di Araracuara. «Noi non abbiamo mai dubitato che potessero farcela», ha confidato Moreno.

PROPRIO NONNA Fatima, percorrendo la giungla in compagnia dei soccorritori alla ricerca dei nipoti, si era rivolta con un altoparlante alla più grande, cercando di rassicurarla: «Lesly, devi stare tranquilla, perché i militari vi stanno cercando».
Per quaranta giorni, elementi specializzati dell’esercito avevano perlustrato, metro per metro, un’area di 323 chilometri quadrati, seguendo ogni loro traccia – prima un paio di forbici viola e a un elastico per capelli e poi piccole impronte di piedi e resti di frutti selvatici – e lanciando oltre 100 kit di sopravvivenza contenenti acqua e cibo. Finché, venerdì, non sono riusciti a individuare i bambini e, calandosi da un elicottero fermo a un’altezza di 60 metri sopra le cime degli alberi con l’ausilio di un cavo metallico, li hanno presi in braccio uno per uno e li hanno portati a bordo.
Arrivati in aereo a Bogotà nella mattinata di ieri, i bambini si trovano ora all’ospedale militare – dove continueranno i controlli medici e il processo di idratazione e alimentazione – probabilmente ignari di aver regalato una storia di speranza a un paese che, dall’avvento del governo di Gustavo Petro, si dimena tra la spinta verso un vero cambiamento e le resistenze delle solite élite.

«Una gioia per tutto il paese», ha commentato il presidente, che, in conferenza stampa, ha parlato dei quattro fratelli come di «un esempio di sopravvivenza»: «Questi bambini – ha detto – sono figli della pace». Quella pace che si sta rivelando così ardua da raggiungere ma che, proprio lo stesso giorno del loro ritrovamento, aveva fatto un altro piccolo passo avanti con la firma dell’accordo tra governo ed Eln per un cessate il fuoco bilaterale in tutto il territorio colombiano per un arco di sei mesi. «Questo – ha concluso – è un regalo per la Colombia e soprattutto per la vita: i nostri bambini protetti dalla foresta».

MA È STATA ancora Fatima a spiegare il “miracolo”, non senza ringraziare i tanti militari e indigeni coinvolti nelle ricerche, oltre alla «madre terra che li ha liberati» (tutto dipenderà dalla foresta, diceva già nonno Fidencio). «Le donne indigene sono grandi guerriere», ha detto, e Lesly, che si prendeva sempre cura dei fratelli più piccoli quando la mamma lavorava», non ha fatto eccezione. Ma anche i suoi fratelli Soleiny e Tien Noriel erano in grado di addentrarsi nella giungla e di orientarsi tra piante velenose e frutti selvatici commestibili.
Ora Fatima spera di ottenere la custodia dei minori, dopo la morte della madre: «Posso dare loro un’educazione. Sarà il mio orgoglio. Mia figlia mi sta guardando e mi darà spiritualmente il coraggio e le forze per farlo».

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