Dopo il Brasile dei 3 milioni di casi e degli oltre 100 morti, è la Colombia il paese dell’America latina attualmente più colpito dal Covid-19, tanto da finire nella lista nera di quelli per cui è previsto il divieto di ingresso in Italia, secondo quanto disposto mercoledì dal ministro della Salute Speranza.

Più di 10mila i contagi quotidiani (ieri erano oltre 12mila), per quasi 169mila casi attivi, che pongono la Colombia al quinto posto dopo Usa, Brasile, India e Russia, e per un totale di più di 420mila contagi (che valgono un ottavo posto assoluto nella classifica mondiale). Di fronte a tali numeri, il presidente Iván Duque trova comunque motivi per consolarsi, confrontando la mortalità in Colombia, pari al 3,4% (con 14mila decessi, 362 dei quali avvenuti ieri), con quella assai più alta registrata in Germania (4,3%), Spagna (9,9%), Francia (13%), Italia (14%) e Regno Unito (15%). E rivendicando un numero di contagi per milione di abitanti (circa 6.200) nettamente inferiore a quello di Brasile, Perù, Usa, Panama e Cile (che ha superato i 18mila).

In mezzo al terremoto politico provocato dalla custodia domiciliare del suo mentore, l’ex presidente Álvaro Uribe, e ulteriormente indebolito dalle indagini sul presunto finanziamento illegale alla campagna elettorale del 2018, Duque cerca in tal modo di ripararsi dalle critiche per la sua fallimentare gestione della pandemia, ma è evidente che non può certo cavarsela così.

«Siamo tra i primi dieci paesi per numero di contagi e figuriamo solo al centesimo posto per numero di tamponi per milione di abitanti», gli ha ricordato il senatore di Colombia Humana Gustavo Petro, il suo avversario al ballottaggio del 2018, rinfacciandogli oltretutto il basso numero di medici e infermieri ogni mille abitanti (rispettivamente 1,8 e 1,1). «La morte – ha continuato – avanza in Colombia a causa non solo del virus, ma anche del sistema di salute, il cui criterio centrale non è dato dalla vita, ma dal profitto». Sono i poveri, obbligati ad andare a lavoro per garantire il profitto dei ricchi, a morire di Covid, ha evidenziato Petro, invocando l’introduzione di un reddito di base e una quarantena più efficace.

Già nella prima metà di giugno, del resto, mentre il numero di contagi continuava a salire, aveva destato non poche perplessità la riapertura economica disposta dal governo – non senza un invito all’ottimismo – in maniera cosiddetta «graduale e sicura». Ma le critiche più aspre sono giunte dalla sindaca di Bogotà Claudia López, una delle più forti figure dell’opposizione, che ha definito «un atto di codardia enorme» la decisione di lasciare ai sindaci la responsabilità di riattivare l’economia e di stabilire i protocolli di sicurezza.

Molto duro anche il leader indigeno Nasa e senatore del Movimiento Alternativo Indígena y Social Feliciano Valencia, che ha accusato il presidente di gravi omissioni nei riguardi della protezione delle comunità indigene, tra le quali si registrano già più di 7mila contagi e 244 morti.