Colombia, campagna di violenza sul voto
America Latina Dal «paro armado» contro l’estradizione negli Usa del narcotrafficante Otoniel alle minacce di morte verso il candidato del Pacto Histórico. In vista delle elezioni che potrebbero sancire la prima vittoria progressista, nel Paese aumenta la tensione
America Latina Dal «paro armado» contro l’estradizione negli Usa del narcotrafficante Otoniel alle minacce di morte verso il candidato del Pacto Histórico. In vista delle elezioni che potrebbero sancire la prima vittoria progressista, nel Paese aumenta la tensione
A solo due settimane dalle elezioni presidenziali, l’aumento della violenza politica mantiene alta la tensione in Colombia, dopo il paro armado delle Autodefensas Gaitanistas de Colombia (Agc) realizzato dal 5 all’8 maggio scorsi, come reazione all’estradizione di Dairo Antonio Úsuga David, alias Otoniel, leader dell’organizzazione conosciuta anche come Clan del Golfo.
Mentre i principali sondaggi confermano in testa Gustavo Petro, candidato progressista del Pacto Histórico, si mantiene attorno alla sua figura un clima di minacce di attentati, in un contesto nazionale dove, dall’inizio di quest’anno, sono stati uccisi 71 leader sociali, 18 ex combattenti e si contano 39 massacri e oltre 70 mila persone sfollate con la forza dai loro territori, secondo i dati dell’Istituto per gli studi sullo sviluppo e la pace, Indepaz.
CHE COS’È IL PARO ARMADO e perché è stato convocato? In Colombia, il paro armado è un’azione strategica utilizzata dai gruppi guerriglieri e dalle formazioni paramilitari per sfidare la presenza delle istituzioni statali su un territorio, dimostrare la propria potenza di fuoco e il proprio controllo sulla polizia così come su altri attori illegali.
Il gruppo armato che convoca il paro pattuglia le strade e crea posti di blocco, sostituendo e rimpiazzando le funzioni dello Stato. La popolazione civile è la principale vittima di questo tipo di azione armata, che impone il coprifuoco, limita la mobilità e il transito dei mezzi pubblici, influisce sulla distribuzione di cibo e medicinali, nonché sul funzionamento delle scuole, e costringe in pratica la popolazione civile a chiudersi in casa.
A scatenare l’azione armata delle Agc è stata l’estradizione di Otoniel negli Stati uniti, dopo la cattura nella regione di Antioquia nell’ottobre 2021 con un operativo che il governo di Iván Duque aveva presentato come il più grande colpo al narcotraffico dai tempi di Pablo Escobar.
Otoniel, oltre a essere attualmente uno dei più potenti trafficanti di droga e leader del Clan del Golfo, è stato in passato membro del gruppo guerrigliero maoista Ejército Popular de Liberación (Epl). Dopo il fallimento del processo di smobilitazione dell’Epl, si è unito alla formazione paramilitare Autodefensas Unidas de Colombia (Auc), responsabile di massacri e sfollamenti forzati nel quadro dell’espansione paramilitare e della strategia contro-insurrezionale degli anni ’90 e 2000.
Nonostante le dichiarazioni trionfali del governo dopo la sua cattura, le strutture economiche e paramilitari delle Agc sono lontane dall’essere state indebolite: il comando militare è stato decentrato e il loro potere d’azione si è esteso a livello territoriale.
LA POSSIBILITÀ DI ESTRADIZIONE per Otoniel aveva già suscitato in questi mesi le proteste delle associazioni delle vittime del conflitto armato, soprattutto nei dipartimenti di Antioquia, Chocó e Meta, poiché gli interrogatori al narcotrafficante cominciavano a provare i collegamenti tra l’attività dei gruppi paramilitari, le istituzioni statali e alcuni grandi imprenditori colombiani nei principali massacri degli anni ’90 e 2000.
Il mese scorso Otoniel ha testimoniato davanti alla Jurisdicción Especial para la Paz (Jep) e alla Comisión de la Verdad rivelando la complicità e la partecipazione dell’esercito colombiano nel massacro paramilitare di Mapiripán (luglio 1997) – quando Otoniel era leader del Bloque Centauro delle Auc – e confermando la pratica dei falsos positivos, promossa dalle istituzioni e perpetuata dal generale Mario Montoya.
GUSTAVO PETRO ha sottolineato il suo dissenso all’estradizione di Otoniel in queste settimane pre-elettorali: sembra essere una strategia «per evitare che il capo del Clan del Golfo confessi i suoi rapporti con la politica e il potere, che alla fine avrebbero danneggiato la campagna del candidato del governo». Negli Stati uniti Otoniel sarà incriminato per traffico di droga, mentre non saranno presi in considerazione i crimini contro l’umanità e le violazioni dei diritti umani a suo carico.
In quattro giorni di paro armado l’azione delle Agc ha coinvolto 10 dipartimenti e 178 comuni situati principalmente nel nord della Colombia, dove il gruppo armato è maggiormente presente, ha causato l’incendio di quasi 200 veicoli, tra cui camion e mezzi di trasporto pubblico, e sono stati denunciati sei morti secondo il ministero della Difesa (3 civili, 2 soldati e un poliziotto), mentre la Jep ha riportato un totale di 24 omicidi di civili. D’altra parte, durante il paro armado non ci sono stati scontri rilevanti con le forze di polizia o con altri attori armati, segnali che dimostrano la coesione territoriale delle Agc.
Le origini di questo gruppo risalgono al 2005, quando la Legge 975, nota come “Legge di Giustizia e Pace”, ha promosso la smobilitazione parziale dei gruppi paramilitari per facilitarne il reinserimento nel tessuto sociale. Durante i due governi di Alvaro Uribe Vélez (2002-2010) questa politica ha favorito alti tassi di impunità per i leader paramilitari e ha portato a una significativa recidiva dei loro membri, che hanno iniziato a riunirsi in nuove formazioni, eredi del paramilitarismo, dove si trovano anche le origini dell’Agc. La loro espansione territoriale è in parte dovuta al vuoto di potere generato dal ritiro delle Farc-Ep dai loro territori di influenza, stipulata con gli Accordi di Pace dell’Avana del 2016.
«LA PROMESSA DELLA PACE è un enorme deficit di questo governo, che ha portato avanti una politica più di guerra che di transizione verso la pace», ha dichiarato Camilo González Posso, direttore di Indepaz, in una valutazione dei quattro anni trascorsi di Duque alla presidenza. Il mancato rispetto degli Accordi di Pace con le Farc-Ep e la negligenza dello Stato nell’applicarli hanno creato uno spazio favorevole all’espansione degli altri gruppi armati; tra questi, le Agc sono diventate il gruppo narco-paramilitare più influente, hanno costruito alleanze sia con bande criminali locali che con i cartelli transnazionali per l’esportazione di cocaina negli Stati uniti e in Europa. E ora le tensioni si riverberano sull’andamento della campagna elettorale.
SE IL PARO ARMADO è un tipo di azione conosciuta in Colombia (nel febbraio 2022 hanno adottato la stessa pratica anche i guerriglieri dell’Ejercito de Liberación Nacional), è la prima volta che si svolge durante una campagna presidenziale. Inoltre, l’incremento della violenza di questa settimana è solo l’ultimo capitolo di una tensione crescente che accompagna i dibattiti verso le elezioni del 29 maggio.
In particolare, Gustavo Petro e la candidata alla vice presidenza Francia Marquez, espressione di un progetto politico progressista che non è mai riuscito a vincere per via elettorale in Colombia, hanno ricevuto continue minacce fin dall’inizio della loro campagna.
Il 2 maggio scorso il Pacto Histórico ha dovuto sospendere le manifestazioni politiche nella zona cafetera del Paese (nei dipartimenti di Caldas, Risaralda e Quindío), dove la squadra che si occupa della sicurezza nella coalizione ha scoperto la pianificazione di un attentato a Petro, organizzato dal gruppo paramilitare Cordillera, noto per narcotraffico, estorsioni e omicidi. Inoltre, nel comune di Bello, in Antioquia, è stato rinvenuto un ordigno esplosivo davanti alla sede della campagna elettorale di Petro lo scorso 10 maggio, il giorno dopo la fine ufficiale del paro armado, a indicare una certa continuità della violenza paramilitare nella zona.
LA CAMPAGNA del Pacto Histórico continua, ma nei giorni scorsi il candidato presidenziale si è presentato a Cúcuta indossando un giubbotto antiproiettile e circondato da scudi di protezione, mentre l’ex presidente Alvaro Uríbe è intervenuto per la prima volta a sostegno di Federico Gutiérrez, il principale avversario di Petro, chiedendo che vengano adottate misure di sicurezza anche per lui.
La settimana scorsa, la tensione politica è tornata a salire, a seguito della decisione della Procura di sospendere il sindaco di Medellin, Daniel Quintero, per la pubblicazione di un video dove si esprime a favore del candidato Gustavo Petro. La Procuratrice generale Margarita Cabello, figura vicina al governo di Iván Duque e legata a Uribe, ha motivato la necessità di sospendere Quintero dalla sua carica a causa della partecipazione nella campagna elettorale, attività proibita dall’ordinamento colombiano, che impedisce ai funzionari pubblici di esprimere giudizi sui candidati.
La destituzione di Quintero rappresenta però una chiara ingerenza del potere giudiziario nella vita politica, con una tendenza ideologica. Infatti, la procuratrice non avrebbe agito con la stessa meticolosità alle dichiarazioni del presidente Duque e del Generale Zapateiro contro Gustavo Petro e i candidati del Pacto Histórico nel corso della campagna.
La Colombia si prepara così alle elezioni del 29 maggio in un clima di forte polarizzazione politica: da una parte la società colombiana sta manifestando con forza un desiderio di cambio, contro la guerra e la violenza, che trova il suo sbocco politico nel Pacto Histórico, determinato a vincere al primo turno. Dall’altra parte, si arrocca il partito della continuità politica che ha governato in Colombia negli ultimi vent’anni, rappresentato da Federico Gutiérrez e accompagnato da un inasprimento dei meccanismi di violenza che il Paese ha già conosciuto durante l’ultimo mandato con Ivan Duque.
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