Una donna l’hanno trovata che galleggiava con le braccia incrociate sul petto, ormai lontana dai resti del gommone. Se ne stava andando così, trasportata dalla corrente. Era esausta o forse incosciente. Non si era nemmeno accorta dell’arrivo della nave umanitaria. I soccorritori temevano fosse morta. Quando si sono avvicinati l’hanno chiamata per provare a svegliarla. Poi l’hanno scossa. Alla fine ha aperto gli occhi. L’hanno individuata seguendo una specie di sesto senso, uscendo dallo schema di ricerca normale, rinunciando a rassegnarsi. «È stato come trovare un ago in un pagliaio», racconta Fulvia Conte, 28 anni, coordinatrice dei soccorsi per Medici senza frontiere (Msf) sulla Geo Barents.

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Non tutti sono stati fortunati come la donna in acqua. Secondo le ricostruzioni dei 71 superstiti i dispersi, che ormai non hanno possibilità di essere trovati in vita, sono tra 20 e 30. Sette minori mancano all’appello. Dall’inizio dell’anno nel Mediterraneo sono già morte oltre 700 persone.

La rotta della Geo Barents alle 19.30 di ieri, @vesselfinder

Lunedì pomeriggio la Geo Barents ha ricevuto un Sos da Alarm Phone e si è messa a cercare il barcone in pericolo, partito la notte precedente dalla città libica di Zawiya. «Tre ore dopo l’abbiamo avvistato, ma dal ponte non capivamo bene cosa fosse, sembravano due gommoni attaccati», continua Conte. Era uno solo, ma praticamente affondato: il fondo staccato, alcuni tubolari completamente sgonfi, quelli di prua e poppa appena a galla. Le persone erano aggrappate a ciò che restava del barcone. Ma non tutti ce l’avevano fatta. Una donna incinta era in acqua, priva di sensi. L’infermiera presente tra i soccorritori ha praticato la rianimazione cardio-polmonare già sul Rhib, il gommone di salvataggio, e poi è andata avanti per 40 minuti sulla nave. Nulla da fare. La donna è morta.

Nel frattempo in mare le due squadre di soccorritori hanno continuato a recuperare bambini, donne e uomini. Alcuni erano persi nell’acqua, a gruppi. Il tempo non era dei migliori: all’inizio del soccorso c’era mezzo metro d’onda e alla fine, verso le 21, un metro e mezzo. Sulla Geo Barents sono stati portati tutti i sopravvissuti, tra loro anche un bebè che non dava segni di vita. È stato rianimato a bordo dal personale medico e trasferito d’urgenza a Malta con un aereo militare. Con lui anche la madre. L’equipaggio di Msf teme che entrambi possano finire in detenzione sull’isola.

Tra i migranti soccorsi uno su sei ha ustioni dovute allo sversamento di carburante. «Siamo rimasti in acqua 19 ore», ha raccontato un uomo del Camerun. La situazione a bordo è complicata, soprattutto da un punto di vista psicologico ed emotivo. «Una ragazza diceva di non riuscire a chiudere gli occhi perché continuava a vedere il suo bambino. Lo ha perso durante la traversata», dice ancora Conte. Dopo il soccorso la Geo Barents ha rivolto la prua a nord verso le coste della Sicilia sud-occidentale. In queste condizioni il porto di sbarco non dovrebbe tardare.

Intanto ieri mattina, a Porto Empedocle, hanno toccato finalmente terra gli oltre 300 naufraghi salvati una decina di giorni fa dall’imbarcazione veloce Louise Michel, dal veliero Nadir e dal cargo Aslihan e poi trasbordati sulla Sea-Watch 4 perché le autorità italiane non indicavano un Place of safety (Pos). Sul ponte della nave umanitaria sono rimasti una settimana, nel pieno dell’ondata di afa che ha investito il paese.

Sempre ieri si è sbloccata la situazione dei 59 migranti soccorsi dalla nuova missione della Louise Michel. Attendevano da due giorni al largo di Lampedusa e avevano anche rivolto degli appelli scritti alle autorità italiane. Altri 146 migranti – tra i quali 45 donne, 68 minori non accompagnati e sette bambini, di cui uno di nove mesi – sono invece a bordo della Ocean Viking di Sos Mediterranée. Al momento è l’unica nave umanitaria presente nelle acque internazionali tra Libia e Italia, nel tratto di mare dove più spesso si verificano i naufragi.