“Climate leaks”: governi e aziende provano a influenzare i documenti sul clima
Combustibili fossili Alcuni documenti trapelati e analizzati da Unearthed, piattaforma investigativa di Greenpeace UK, mostrano come un gruppo di paesi stiano cercando influenzare e modificare l’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC)
Combustibili fossili Alcuni documenti trapelati e analizzati da Unearthed, piattaforma investigativa di Greenpeace UK, mostrano come un gruppo di paesi stiano cercando influenzare e modificare l’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC)
Alcuni documenti trapelati e analizzati da Unearthed, piattaforma investigativa di Greenpeace UK, mostrano come un gruppo di paesi stiano cercando influenzare e modificare l’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC). I documenti trapelati riguardano più di 32.000 osservazioni fatte dai governi al team di scienziati che compila il rapporto dell’IPCC. In particolare, la fuga di notizie mostra che un certo numero di paesi e aziende sostengono che non è necessario ridurre l’uso dei combustibili fossili così rapidamente come raccomanda il rapporto. Secondo Unearthed, i documenti rivelano che l’Arabia Saudita, il Giappone e l’Australia sono tra i paesi che chiedono all’IPCC di minimizzare la necessità di allontanarsi rapidamente dai combustibili fossili.
Non è la prima volta che alcuni paesi, in particolare i maggiori produttori di carbone e petrolio, tentano di influenzare i rapporti dell’IPCC. Nel 1995, l’IPCC pubblicò il secondo rapporto che, come quelli precedenti, suscitò l’attacco da parte dei negazionisti climatici – tra tutti, aziende di combustibili fossili e lobby. L’attacco dei negazionisti, in questo caso, era diretto a Benjamin Santer, autore dell’ottavo capitolo del rapporto che trattava le cause da attribuire al cambiamento climatico. Le conclusioni di Santer furono respinte dai delegati sauditi e kuwaitiani, non a caso rappresentanti di ricchi stati petroliferi.
Sono passati più di 25 anni e alcuni paesi non hanno cambiato il loro approccio. Secondo i documenti analizzati, un consigliere del ministero del petrolio saudita chiede che “frasi come ‘la necessità di azioni di mitigazione urgenti e accelerate…’ siano eliminate dal rapporto”. Il paese, inoltre, chiede agli scienziati di cancellare la conclusione che “il focus degli sforzi di decarbonizzazione nel settore dei sistemi energetici deve essere il passaggio rapido a fonti a zero carbonio e l’eliminazione attiva dei combustibili fossili”. Un alto funzionario del governo australiano, invece, rifiuta la conclusione che la chiusura delle centrali a carbone sia necessaria, anche se porre fine all’uso del carbone è uno degli obiettivi dichiarati della COP26. L’Arabia Saudita è il più grande esportatore di petrolio al mondo e l’Australia uno dei principali esportatori di carbone. Storicamente il paese ha avuto politici negazionisti al governo che hanno resistito la transizione e agito in base agli interessi delle lobby di carbone. Infatti, dai documenti, è emerso anche che l’Australia chiede agli scienziati dell’IPCC di cancellare un riferimento al ruolo dei lobbisti dei combustibili fossili nel ritardare l’azione sul clima in Australia e negli Stati Uniti. Anche l’OPEC, secondo Unearthed, chiede agli autori di eliminare una serie di riferimenti alle lobby dei combustibili fossili che ostacolano l’azione sul clima.
Secondo BBC News, i documenti trapelati mostrano un “lobbying” da parte di alcune nazioni che potrebbe creare problemi in vista della COP26 a novembre. Questo include anche la richiesta di modificare la posizione dell’IPCC su tecnologie come la cattura e lo stoccaggio del carbonio (CCS) da parte di Arabia Saudita, Cina, Australia, Giappone, Norvegia e Opec. Il rapporto, infatti, accetta che la CCS potrebbe giocare un ruolo in futuro, ma sostiene che “c’è una grande ambiguità nella misura in cui i combustibili fossili con CCS sarebbero compatibili con gli obiettivi di 2C e 1,5C” come stabilito dall’Accordo di Parigi.
Un’altra dimensione dei documenti trapelati, poi, riguarda la produzione di carne. Il Brasile e l’Argentina, due dei più grandi produttori di prodotti a base di carne e di colture per gli allevamenti intensivi, si oppongono alle prove del rapporto secondo cui la riduzione del consumo di carne è necessaria per ridurre le emissioni di gas serra. In particolare, secondo Unearthed, il Brasile – dove la deforestazione dell’Amazzonia sotto Bolsonaro è in continuo aumento con gravissime conseguenze sugli ecosistemi e sulle popolazioni indigene che abitano quelle terre – vorrebbe “impedire all’IPCC di fare collegamenti diretti tra il consumo di carne e il riscaldamento globale”.
L’analisi di Unearthed ha evidenziato che la maggior parte dei contributi dei paesi erano commenti costruttivi volti a migliorare il testo dell’IPCC ma anche che la fuga di questi documenti “offre una visione unica delle posizioni adottate da alcune nazioni lontano dall’occhio pubblico”. L’IPCC sostiene che i commenti dei governi sono centrali al suo processo di revisione scientifica e che non solo i suoi autori non hanno alcun obbligo di incorporarli nei rapporti ma che tutti i commenti sono giudicati esclusivamente sulla base di prove scientifiche, indipendentemente dalla loro provenienza.
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