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Clima, la Ue propone un affare all’Africa: inquiniamo pagando

Clima, la Ue propone un affare all’Africa: inquiniamo pagando – Ansa

Nairobi Vertice sul cambio climatico, Von der Leyen: la vostra green economy la finanziamo noi, con i crediti per il carbonio

Pubblicato circa un anno faEdizione del 6 settembre 2023

Ieri la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, è volata in Kenya, per partecipare al summit dei Paesi africani sul clima, in corso ancora oggi a Nairobi. «Sono qui non solo per ascoltarvi, ma anche per portare l’offerta dell’Europa di essere vostra alleata alla Cop28 e di lavorare insieme su tutte le questioni all’ordine del giorno.

Perché, per quanto diversi possano sembrare i nostri due continenti, condividiamo gli stessi interessi in materia di azione per il clima» ha detto von der Leyen. Poi, però, quest’alleanza l’ha esemplificata nella possibilità di presentare «una proposta per la tariffazione globale del carbonio» alla prossima Conferenza Onu sul clima che si terrà a Dubai a fine novembre. Sarebbe – secondo von der Leyen – «una soluzione che potrebbe sbloccare enormi risorse per l’azione climatica in Africa», «uno degli strumenti più efficienti ed efficaci a nostra disposizione, perché favorisce l’innovazione da parte del settore privato.

La tariffazione globale del carbonio è una soluzione che potrebbe sbloccare enormi risorse, perché fa sì che i grandi inquinatori paghino un prezzo equoUrsula von der Leyen

Perché fa sì che i grandi inquinatori paghino un prezzo equo. E perché le entrate possono supportare la transizione pulita nei Paesi in via di sviluppo» ha concluso la presidente della Commissione europea, dimenticando forse che una soluzione la suggeriscono le più autorevoli riviste scientifiche, quando da anni dicono che dobbiamo smettere di esplorare e sfruttare giacimenti di risorse fossili come gas e petrolio, ciò che fanno le imprese europee in Africa. Quanto ai prezzi per le emissioni, i meccanismi di scambio delle quote di CO2, come l’Emission Trading Scheme europeo, non riescono ad affrontare in modo radicale il problema fondamentale, che è – per l’Ue – una riduzione drastica entro 6 anni e mezzo di nuove emissioni di gas climalteranti in atmosfera.

«Vi ascoltiamo – ha poi aggiunto parlando al presidente keniota William Ruto – quando dite che la prima priorità dell’Africa è far crescere la vostra economia e far uscire dalla povertà il maggior numero possibile di persone», dimenticando però che Africa ed Europa non possono essere alleati, perché la corsa alla crescita, almeno per com’è stata intesa e è tutt’ora intesa, va frenata. Ecco perché non è una buona notizia che uno dei temi centrali dell’Africa Climate Summit sia il finanziamento della green economy in Africa attraverso i «crediti di carbonio», dopo che alla Cop27 di Sharm el-Sheikh dell’anno scorso Paesi africani e istituzioni finanziarie hanno lanciato la Africa Carbon Markets Initiative: un’alleanza per arrivare nel 2030 all’emissione nel continente di 300 milioni di crediti di carbonio all’anno, per generare 6 miliardi di dollari di reddito annui.

Uno scenario business as usual che non avrà alcun effetto, se è vero – com’è vero – che mentre parliamo bene razzoliamo malissimo. Per dire, ieri il gruppo ambientalista Ember, che si occupa di transizione nella produzione di energia elettrica, ha spiegato che dal 2015 i Paesi del G20 hanno mediamente aumentato le emissioni pro capite di quasi il 7%, a causa dell’energia prodotta usando carbone, con Cina e India che hanno aggiunto nuovi impianti. Il conteggio pro capite di CO2 dell’Australia è quasi tre volte superiore alla media mondiale. Intanto ben sette membri del G20 – Cina, Brasile, India, Giappone, Corea del Sud, Sudafrica e Stati Uniti – non hanno ancora elaborato dei piani per ridurre gradualmente l’uso del carbone.

«I Paesi del G20 – informa Ember – rappresentano l’80% delle emissioni del settore energetico mondiale, con una CO2 pro capite derivante dall’energia da carbone pari a 1,6 tonnellate nel 2022, rispetto a 1,5 tonnellate nel 2015 e significativamente superiore ad una media globale di 1,1 tonnellate». Abbiamo tutti gli strumenti, cioè, per capire dove andare ad agire. Non servono passerelle, come quella di Sultan Al Jaber, il presidente petroliere della prossima Cop28, che a Nairobi ieri ha detto «il mondo sta perdendo la corsa per raggiungere i suoi obiettivi sul cambiamento climatico», ma azioni: saremo in grado, a dicembre, di dichiarare finita l’era fossile?

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