Cinque motovedette a Tripoli per fermare i migranti
Accordo con le autorità libiche Altri mezzi alla cosiddetta Guardia costiera sotto accusa per le violenze
Accordo con le autorità libiche Altri mezzi alla cosiddetta Guardia costiera sotto accusa per le violenze
A prescindere dal colore, ogni volta che esponenti di un governo italiano volano in Libia per discutere di immigrazione il punto di caduta è sempre lo stesso: un rafforzamento della cosiddetta Guardia costiera libica, la stessa finita più volte sotto accusa per le ripetute violenze compiute contro i migranti. E’ finito così anche il viaggio compiuto ieri nel Paese nordafricano dalla premier Giorgia Meloni con i ministri degli Esteri Antonio Tajani e dell’Interno Matteo Piantedosi, al termine del quale è stato firmato un memorandum che prevede la consegna a Tripoli di altre cinque motovedette finanziate dall’Unione europea, che i libici utilizzeranno per intercettare e riportare indietro i barconi che tentano di raggiungere l’Italia attraverso il Mediterraneo.
«Per l’Italia – ha spiegato Meloni prima di ripartire per Roma – rimane fondamentale la collaborazione in tema di contrasto ai flussi di immigrazione irregolare, questo è per noi un dossier assolutamente centrale. Nonostante gli sforzi, anche delle autorità libiche, e i nostri sforzi, i numeri dell’immigrazione irregolare dalla Libia rimangono ancora alti. Si tratta di oltre il 50% di persone che vengono dalla Libia in Italia e noi crediamo che si debbano intensificare gli sforzi in materia di contrasto alla tratta e ai flussi illegali assicurando un trattamento umano alle persone».
Con un eufemismo che farebbe sorridere se non si avesse a che fare con un dramma, nel dare l’annuncio dell’accordo raggiunto con l’Italia il premier libico Abdul Hamid Dbeibah ha invece parlato di «cinque imbarcazioni attrezzate nel campo della ricerca e soccorso» dei migranti, quasi si trattasse di navi di organizzazioni umanitarie e non di mezzi, quasi certamente armati, destinati a finire nelle mani di milizie spesso coinvolte nel traffico di esseri umani. «Per l’Italia
«E’ una vergogna», commenta Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa verde e deputato di Avs. «Il governo italiano firma il memorandum con la Libia e consegna 5 motovedette alla guardia costiera ovvero a chi si è reso responsabile di torture e stupri ai danni dei migranti».
«Tutto ciò – prosegue Bonelli – è inaccettabile. Invitiamo la Premier a leggere il rapporto choc dell’Onu a firma Guterres che svelò la detenzione arbitraria, le torture e gli stupri ai quali sono sottoposti i migranti per mano della guardia costiera libica colpevole anche di una vera e propria strage occultata di migranti fucilati».
Del resto non bisogna andare molto indietro nel tempo per capire come lavora la cosiddetta Guardia costiera libica. Solo pochi giorni fa l’equipaggio della Geo Barents, nave di Medici senza frontiere arrivata ieri nel porto di la Spezia, ha denunciato di essere stato minacciato dai miliziani libici durante un’operazione di salvataggio: «Il nostro team ha assistito oggi all’intercettazione da parte della Guardia Costiera Libica di un’imbarcazione in difficoltà in acque internazionali – hanno raccontato su Twitter – . Mentre ci avvicinavamo per aiutare le persone e portarle in salvo, hanno minacciato di sparare».
Secondo Amnesty international, che insieme ad altre 40 organizzazioni ha inutilmente chiesto al governo italiano di no rinnovare il memorandum Italia-Libia firmato nel 2017 dall’allora governo Gentiloni, il bilancio delle ricadute sulla vita di uomini, donne e bambini migranti di questi ultimi cinque anni è «tragico. Dal 2017 ad oggi quasi 100.000 persone sono state intercettate in mare dalla Guardia costiera libica e riportate forzatamente in Libia, un paese che non può essere considerato sicuro. La vita dei migranti e rifugiati in Libia è costantemente a rischio, tra detenzioni arbitrarie, abusi, violenze e sfruttamento. Significa non avere alcun diritto e nessuna tutela».
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