Cile, un golpe tossico
11 settembre 1973 L’impatto ecologico della dittatura di Pinochet. L’11/9/’73 i golpisti non fecero irruzione solo nella Moneda bombardata ma anche nelle industrie decisive come la fonderia di rame di Ventanas
L’11 settembre 1973, le forze armate cilene irruppero nella fonderia e raffineria di rame di Ventanas. Il colpo di stato contro il governo di Salvador Allende viene di solito visualizzato attraverso le immagini traumatiche dei jet Hawker Hunter che bombardano il palazzo presidenziale La Moneda, o dei soldati che trascinano migliaia di prigionieri politici nello Stadio Nazionale di Santiago, dove molti incontrarono la tortura e la morte.
In quello stesso giorno, tuttavia, l’esercito s’impadronì anche dei principali impianti industriali del paese. Cinquant’anni dopo, il rame è nuovamente al centro dell’attenzione. Si stima infatti che, se gli attuali tentativi di transizione energetica avessero seguito, la domanda di rame potrebbe raddoppiare entro il 2035.
GLI ORRORI DELLA dittatura di Pinochet – in quanto ad assassinii, sparizioni forzate, torture, carcere ed esilio – sono ormai noti. Un altro aspetto importante è però quello del suo devastante impatto ecologico. Infatti, i regimi neoliberisti sudamericani consolidarono le economie del continente nella loro funzione coloniale di export di materie prime. Questa strategia estrattivista è stata perseguita con pochi scrupoli rispetto a salute e ambiente, aggiungendo alla brutale violenza della repressione la violenza graduale della nocività.
La zona industriale di Ventanas, oggi la più famosa ‘zona di sacrificio’ del Cile, ne è un drammatico esempio.
LA COSTRUZIONE DI un complesso per il processamento del rame a Ventanas – una comunità di agricoltori e pescatori tra il comune di Puchuncaví e quello di Quintero – cominciò nel 1960.
Con l’esempio di questa zona industriale «di sacrificio» i regimi neoliberisti sudamericani si consolidarono nella loro funzione coloniale di export di materie prime
Lo stato cileno affidò i lavori a un consorzio della Germania Occidentale e costituì la Empresa Nacional de Minería (ENAMI) per gestire le fabbriche. Il progetto non prevedeva un sistema per la cattura delle emissioni, anche se la tecnologia necessaria esisteva già all’epoca.
LA MANOVALANZA non qualificata fu reclutata dalle comunità agricole vicine. Le piogge acide causate dalla stessa ENAMI Ventanas devastarono i campi circostanti, tra le proteste dei contadini. Espropriati dalla nocività, molti di questi lasciarono la loro falce in cambio di un martello nelle fabbriche, dove incontrarono lo zolfo alla fonte, condannati alle mansioni più infernali.
“Sono tutti morti” è la risposta laconica che si riceve se si chiede di operai che lavorarono a ENAMI Ventanas dai primi anni.
LA NOCIVITÀ INTERNA era acutamente percepita dagli operai, come regolarmente deplorato da La unidad – rivista di fabbrica diretta dal delegato Carlos García – sin dal primo numero nel 1969. Gli operai denunciavano una lunga lista di rischi per la salute: polveri e gas tossici, temperature estreme, patologie muscolo-scheletriche, ecc.
Nel luglio 1970, García osservava che “l’azienda dichiara che non ci sono gas tossici e che le ulcere non sono malattie professionali anche se ha i dati che mostrano un numero altissimo di lavoratori malati”.
Negli anni del governo Allende, le misure preventive furono migliorate, anche se permasero diverse lacune. Nel 1972, si costituì una commissione bilaterale per la salute e la sicurezza che sottolineò l’urgenza delle riforme.
LA NOCIVITÀ ESTERNA era discussa più raramente nelle pagine della rivista. Tuttavia, in un articolo del 1971, per esempio, l’autore Guillermo Herrera scriveva: “Le preoccupazioni dei contadini, emerse fin dall’inizio rispetto ai possibili impatti delle emissioni della fonderia sui campi, sono state di fatto confermate”.
DI FRONTE ALLE PRESSIONI di operai e contadini per una produzione più pulita, ENAMI incluse nel piano di espansione del complesso di Ventanas diverse misure volte a ridurre la nocività.
Il piano, presentato agli inizi del 1973, faceva parte della strategia governativa per una maggiore industrializzazione del rame fresco di nazionalizzazione. Prevedeva l’installazione di un impianto di acido solforico che avrebbe catturato una parte delle emissioni inquinanti, assieme ad altre tecnologie più avanzate.
La unidad notò che il nuovo impianto avrebbe ridotto “le enormi quantità di gas solforosi che attualmente vengono dispersi nell’atmosfera, provocando seri problemi ai contadini e alla popolazione in generale”.
Ma la Storia si mise di traverso.
Il golpe schiacciò brutalmente il movimento operaio e Ventanas non fece eccezione. I nostri intervistati stimano che centinaia di dipendenti di ENAMI Ventanas furono licenziati in seguito al colpo di stato, principalmente con criteri politici.
Di questi, molti vennero imprigionati e torturati. Una volta liberati, alcuni partirono in esilio mentre altri affrontarono una vita di povertà sulle liste nere del regime.
La dittatura supervisionò la deindustrializzazione del Cile, con il doppio risultato di cancellare i bastioni della militanza operaia e garantire la funzionalità dell’economia cilena ai “mercati globali” e al loro appetito per i minerali non processati. Tra le altre cose, il golpe troncò anche la riforma di ENAMI Ventanas.
Il movimento operaio, già in lotta contro la nocività, anche esterna, fu represso brutalmente. Centinaia di dipendenti furono licenziati, molti torturati, imprigionati ed esuli
Per la fine degli anni ’80, il degrado ambientale aveva raggiunto livelli estremi. La riforma del complesso industriale arrivò solo negli anni ’90, con il ritorno della democrazia. Tuttavia, la performance ambientale delle fabbriche resta al disotto dei migliori standard internazionali e la zona è tuttora contaminata, con gravi rischi per la salute degli abitanti.
CHIEDERSI COME sarebbero oggi l’America Latina e il mondo se non ci fossero stati i colpi di stato è, purtroppo, una domanda senza risposta. Nel nostro caso, nulla garantisce che l’industrializzazione del rame promossa dal governo Allende sarebbe stata economicamente efficace o ecologicamente positiva, per esempio generando tecnologie meno impattanti o riducendo la pressione a estrarre materie prime a tutta velocità.
È però chiaro che la riforma di Ventanas messa in cantiere all’inizio del 1973 sarebbe stata un passo significativo nella direzione giusta, evitando due decenni d’inquinamento sfrenato.
OGGI, IL CILE RESTA il principale estrattore di rame ma il processamento industriale del “metallo della transizione” è situato perlopiù in Cina. Tuttavia, i prodotti finali contenenti rame sono prodotti da lavoratori asiatici low cost per essere in gran parte esportati al Nord Globale. Quest’ultimo resta dunque il principale beneficiario dell’attuale divisione internazionale del lavoro.
Gli attuali tentativi di transizione energetica aumenteranno drasticamente la domanda per i “minerali critici”, compreso il rame. È però improbabile che tale transizione sarà ecologicamente efficace senza una trasformazione delle relazioni sociali che danno forma all’innovazione tecnologica.
In questo senso, è necessario creare lo spazio politico per una divisione internazionale del lavoro più bilanciata, come passo verso la demercificazione del lavoro e della natura.
In caso contrario, la transizione energetica non farà altro che perpetuare un sistema di profonde disuguaglianze sociali e ambientali, storicamente mantenuto con alti livelli di violenza e impatti ecologici che nulla hanno di sostenibile.
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