Internazionale

Cile, protesta contro l’aumento dei biglietti dei trasporti

Cile, protesta contro l’aumento dei biglietti dei trasporti

Evasione di massa contro la misura Dietro la protesta si nasconde uno scontento sociale per bassi salari e tagli del welfare in atto da tempo in Cile

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 20 ottobre 2019

Si incendiano le piazze dell’America latina contro le politiche neoliberiste riportate in auge nella regione dai governi di destra.

L’ultimo caso è quello del Cile, dove il presidente Sebastián Piñera, che appena pochi giorni fa sosteneva che il suo paese fosse una sorta di oasi nel subcontinente latinoamericano, ha decretato, poco dopo la mezzanotte di venerdì, lo stato di emergenza nelle province di Santiago e Chacabuco, in risposta alle proteste contro l’aumento del prezzo dei biglietti del trasporto pubblico.

UNA DECISIONE che comporta la limitazione dei diritti di riunione e movimento, consentendo ai militari di svolgere funzioni di polizia, in un paese in cui una misura del genere evoca immediatamente scenari da dittatura.

E che è stata adottata, ha spiegato il presidente in una discorso alla nazione pronunciato dal palazzo del governo, per garantire «la sicurezza dei residenti, la protezione delle merci e i diritti di ciascuno dei nostri compatrioti che hanno sopportato disagi per colpa delle azioni di veri criminali». L’«EVASIONE DI MASSA» annunciata dagli studenti era iniziata già lunedì, quando migliaia di giovani avevano cominciato a scavalcare i tornelli della metro senza pagare il biglietto.

Il governo aveva immediatamente risposto aumentando la presenza della polizia nelle stazioni e ordinando la repressione dei manifestanti – numerosi i video relativi alle aggressioni dei carabineros agli «evasori» – con l’unico effetto di inasprire le proteste e di estenderle al resto della popolazione. Il risultato non si è fatto attendere: incendi in cinque stazioni della metropolitana e danni provvisoriamente stimati in almeno 700mila dollari.

E TUTTA LA RETE DELLA METRO, che, lungo i suoi 140 chilometri di estensione, trasporta quotidianamente 2,8 milioni di persone, è stata chiusa perlomeno fino alla giornata di oggi, provocando un caos nei trasporti della capitale.

Dall’inaugurazione nel 2007 del sistema di trasporto collettivo di proprietà privata Transantiago, fortemente sussidiato dal governo, il prezzo del biglietto era già aumentato una ventina di volte, passando da 420 pesos (0,59 dollari) di 12 anni fa agli 830 (1,17 dollari) di oggi (erano 800 prima dell’ultimo rincaro, il secondo dell’anno in corso). E di certo i salari non sono cresciuti nella stessa misura. Cosicché, secondo il presidente del sindacato della Metro, Eric Campos, «i più poveri finiscono per spendere una buona parte delle loro entrate» per un servizio che è tra i più cari al mondo, malgrado «un trasporto di qualità con una tariffa giusta sia un diritto per tutti».

Dietro la protesta, del resto, si nasconde un profondo scontento sociale, malamente oscurato dal marketing ultraliberista del governo Piñera. A un livello salariale che non consente a molte famiglie di arrivare alla fine del mese si aggiunge infatti un aumento vertiginoso dell’impiego informale e degli incidenti sul lavoro. E anche l’accesso alla sanità, per un crescente numero di persone, è ormai diventato un miraggio.

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