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Christopher Clark, ecoguerriero

Christopher Clark, ecoguerriero

Film «L'avamposto» di Edoardo Morabito

Pubblicato 7 mesi faEdizione del 6 aprile 2024

Contro il cambiamento climatico che arroventa la nostra primavera e ammattisce il pianeta, ognuno può cercare di agire in maniera sostenibile, con pratiche più o meno adeguate. C’è un ecoguerriero scozzese, Christopher Clark, forse un seguace di Chico Mendes, che ha dedicato tutta la sua vita a conservare la regione dello Xixuaú, una zona davvero remota, ancora intatta e in gran parte inesplorata, proprio nel cuore della foresta pluviale amazzonica, in Brasile. Sognando un’utopia come la comunità anarchico-socialista italiana di Colonia Cecilia di fine ‘800 oppure agendo come il protagonista dei cartoni animati ambientalisti, il supereroe Captain Planet, ideato da Ted Turner negli anni novanta. Questa è la storia incantevole di L’Avamposto, diretto da Edoardo Morabito, attratto dall’immane compito di questo inguaribile idealista. Un film – attualmente distribuito nelle sale dall’Istituto Luce -sulla distruzione del mondo naturale da parte dell’uomo, la lunghissima battaglia di Chris che scatenerà forti contraddizioni tra le comunità degli abitanti del polmone verde del mondo.

Arrivato in questo eden primigenio, oltre trent’anni fa, Clark inizialmente ha creato un villaggio allo Xixuaú con l’aiuto di una comunità di Caboclos, i meticci brasiliani che ha fatto diventare gli abilissimi guardiani della foresta. Poi ha cercato di renderli autonomi finanziariamente facendoli lavorare con l’ecoturismo. Ha messo su una biblioteca e una specie di assistenza medica. E quando il governo ha rifiutato di creare una riserva, cui nel tempo avevano aderito tutte le comunità lungo il fiume, Chris- faccia magra e lunga, capelli lisci e lunghi, occhiali leggeri da professore, look tipicamente alternativo anglosassone – ha deciso di giocare d’azzardo, opponendo alla spettacolare distruzione della foresta un evento altrettanto spettacolare: un concerto dei Pink Floyd nel mezzo del Rio Negro, uno dei tanti labirintici affluenti del Rio delle Amazzoni, chiamato così per le acque torbide che scorrono lentamente, disseminato di bassopiani alluvionali e sconfinate distese sabbiose.

La sua «creatura» addirittura l’immagina coi grossi generatori d’energia depositati sulle rive e il grande palco proprio nel mezzo della fiumana, in lontananza come se la musica sorgesse dalle acque, qualcosa di intimamente biblico. In barca, avanti e indietro sui fiumi, circondato dalle verdissime chiome della foresta, in un paesaggio di eccezionale flora e fauna, segnato dai richiami degli uccelli e degli altri animali, rettili e mammiferi, e itticamente straordinario (molluschi e pesci di vario genere e grandezza) Chris visita i nativi, interagisce con la loro cultura ancestrale, si prodiga per ottenere benefici per loro, sul limite dell’equilibrio perfetto tra conservazione della natura e accelerazione tecnologica, grazie a una connessione internet satellitare, sempre alimentata attraverso pannelli solari. Un sistema pionieristico in Amazzonia, che ha annullato l’isolamento della comunità, mettendola in contatto con il mondo intero.

Intanto Chris insegue la sua fantastica speranza, avendo conosciuto David Gilmour negli anni ’80, di un megaconcerto per richiamare l’attenzione globale su un posto che ha bisogno di essere salvato ed è un’ancora vegetale necessaria per la nostra civiltà umana. Torna a Londra a cercare finanziamenti tra conoscenti facoltosi e dame dell’alta società inglese «for a very good cause» ma Gilmour gli fa sapere che non suonerà più con Roger Waters, il dissidio tra i due è insanabile. Inizia a pensare ad altre superstar. Proprio la musica rock, il simbolo del modello capitalista (Money, il brano dei Pink Floyd contro il denaro, è uno dei singoli che ha fatto più soldi nella storia della musica) per aiutare quel territorio al limite del disastro, minacciato proprio dall’avanzare dell’imprenditoria privata. Chris ha consapevolezza di inseguire l’ideale fallito della biodiversità da tutelare nel XXI secolo o si è innamorato dell’utopia di una grande riserva sostenibile o semplicemente è disposto a tutto per tenere in vita il suo Paradiso Perduto (come John Milton e la sua sfacciata simpatia per Satana).

Però la situazione peggiora di anno in anno e gli incendi si susseguono col diffondersi della pesca di frodo e la vendita di legname da parte di piccoli gruppi locali accecati dal progresso economico, dal guadagno immediato, dai bisogni indotti l’Avamposto del progresso si sta trasformando in un esplosivo Armaggedon. Il fato avverso però ghermisce Chris che non andava da un medico da trent’anni quasi simultaneamente l’approvazione del governo brasiliano della tanto agognata riserva di migliaia di ettari, la notizia che può mandarlo felicemente in pensione. Il viaggio di Chris non finirà su una canoa lasciata alla corrente come immaginava ma purtroppo nell’ospedale di Edimburgo. Il suo sogno impossibile, il concerto per l’Amazzonia, non si farà anche se da Manaus l’ecoturismo verso lo Xixuaù è in crescita con spedizioni a piedi, in canoa a remi o motore elettrico, dimorando nei bungalow di legno, le Malocas, costruiti con tecniche tradizionali e risorse naturali. Il tentativo di salvare il salvabile col riciclo di acque e rifiuti sembra un gesto apprezzabile e consolidato.

L’ipoteca sul nostro futuro, postCovid e tentazioni atomiconucleari, è più oscura che mai. Però Chris ci ha insegnato a immaginare un futuro diverso, a perseguire un nobile ideale, a darci una ragione importante per andare avanti. Il suo sogno è bruciato lentamente forse, novello Fitzcarraldo o moderno Don Quixote o esploratore ostinato, non doveva avventurarsi a esportare il suo modello sociale tra i popoli della foresta. Ci ha provato e ha dovuto scontrarsi con la realtà senza mai indietreggiare da visionario esemplare e decisamente eroico.

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