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Il Mondiale del nostro scontento. Così dopo Doha è finito il gioco

Il Mondiale del nostro scontento. Così dopo Doha è finito il giocoLa Coppa del Mondo; in basso Leo Messi e Kylian Mbappé

Un mese di forzature eccezionali Il più brutto della storia del pallone, inutilmente lungo, anche un inferno per gli almeno 6.500 operai morti per costruire gli stadi. A loro andrebbe dedicata questa maledetta finale, ma sarebbe quasi una bestemmia per le sofferenze subite e la fine fatta, meglio sarebbe stato dedicargli una commissione d’inchiesta internazionale. Qatar 2022 non lascerà nessuna gioia, vera o presunta. Si chiude oggi con Argentina-Francia

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 18 dicembre 2022

È solo un gioco e sta per finire. Quelli che si concluderanno oggi, nel pomeriggio europeo, sono stati i Mondiali più brutti della storia del pallone. Non c’entra un granché il fatto che negli stadi del Qatar l’Italia di Roberto Mancini non fosse presente, questa ormai per i colori azzurri non è una novità. Mondiali brutti, anche inutilmente lunghi: si sono giocate 63 partite, l’ultima sarà la numero 64, la finale Argentina contro Francia. Sessantaquattro, mai se n’erano viste così tante, un’infinita e sciatta maratona che si chiuderà questo pomeriggio, quando in Italia saranno le ore 16 e allo stadio Lusail di (ovviamente) Lusail si metterà un punto a tutta questa storia. Sarà un punto di non ritorno per lo sport più popolare del mondo.

Sono stati la réclame di una straordinaria contraddizione, quella di chiacchierare sul nulla. I mondiali qatarioti sono riusciti a sancire l’esaltazione di due luoghi comuni: ogni cosa ha la sua stagione e non ci sono più le stagioni di una volta. È stato come vedere qualcuno con addosso un cappotto a Ferragosto, o in costume da bagno il 18 dicembre, sulle Alpi svizzere. Non è stata solo un’esaltazione del brutto, ma anche qualcosa che strideva, con la nostra memoria e le speranze per il mondo e il Mondiale che verrà.

Il calcio che sta per finire ha raccontato anche una singolare inversione di tendenza, non tanto mediatica, quanto comunicativa. Dai mass-media poche sorprese, i riti sono ormai consolidati, in realtà consumati. La novità è un’altra: di Qatar 2022 hanno parlato soprattutto quelli che sul calcio non chiacchierano mai: per ora è una sensazione, ma se qualcuno prima o poi vorrà farci uno studio ci accorgeremo che è accaduto davvero.

È stato un mese di forzature eccezionali, difficile vedere in circolazione qualcosa di simile. Si è cercato di dare un significato politico e sociale a tutto, anche alle più belle partite della competizione, merce rara come quella che ha visto la Croazia far fuori il Brasile o la tiratissima Argentina-Olanda. In quest’ultima sfida ha rovinato tutto Leo Messi, uno dei simboli (vedremo tra poco il perché) di Qatar Inverno 2022. Lui e i compagni dell’Albiceleste dopo aver battuto gli olandesi si sono lasciati andare a orride scene di sbeffeggio verso gli avversari, sostenendo poi di averlo fatto per rispondere «alle chiacchere fatte alla vigilia dagli olandesi e dal loro commissario tecnico». Quanto è bastato per far diventare quegli insulti di Messi un tema caro a chi di pallone ha poca voglia di occuparsi, ruotando sui quesiti: è davvero il più grande calciatore di tutti i tempi? E ancora: se lo è stato, ha ormai dimostrato di non esserlo più? Chiacchiere, appunto, perché il calcio è pur sempre un gioco che sta per finire, ma è anche uno sport, dove vincere avrà sempre un suo peso.

E se oggi il Mondiale lo vincerà l’Argentina sarà la prima volta che Messi alzerà la Coppa al cielo. Prima e ultima, visto che la “Pulce” (questo è il suo soprannome) ha già annunciato il ritiro dalla Nazionale. Non dal club, ovvio, perché per rinunciare a certi stipendi bisogna proprio non avere più un’oncia di forza nella gambe. Gli stipendi della Pulce arrivano dalla Qatar Sport e dagli emiri che nel 2011 hanno acquistato per 70 milioni il Paris Saint Germain il club più patinato di Francia, poi anche il più blasonato, oggi una sorta di bancomat per i migliori del gioco.

Tra questi anche il francese Kylian Mbappé, il vero astro in costante ascesa del firmamento pallonaro. Se la spunterà lui la Francia alzerà la sua terza Coppa del Mondo, la seconda consecutiva, anche per l’attaccante del Psg. Insomma, comunque vada per gli emiri del Paris sarà un successo.

Potranno sbatterlo in faccia al mondo, ma anche a quelli della più antica squadra della capitale francese, i tifosi delle banlieu, quelli concentrati a Saint-Ouen, periferia occidentale di Parigi: qui batte il cuore Red Star. Oggi è una piccola squadra di terza serie, acquistata dalla holding statunitense 777 (proprietari anche di Genoa, Standard Liegi…), ma la Red Star venne fondata nel 1897 da Jules Rimet, il padre della Coppa del Mondo, che alle origini si chiamava appunto Coppa Rimet.

Ecco anche in questo incrocio si scorge l’inizio e la fine del gioco mondiale del calcio. La collezione inverno Qatar 2022 è stata certo anche un inferno: per gli almeno 6.500 operai morti per costruire gli stadi (per Italia 90 le morti bianche erano state 24 ed erano già un’enormità). A loro andrebbe dedicata questa maledetta finale, ma sarebbe quasi una bestemmia per le sofferenze subite e la fine fatta, meglio sarebbe stato dedicargli una commissione d’inchiesta internazionale.

Qatar 2022 non lascerà nessuna gioia, vera o presunta. Solo un mare di chiacchiere, un giorno dopo l’altro, perché mentre si giocava scoppiava l’Eurogate, con la sinistra di mezza Europa che finiva in galera con l’accusa di essersi fatta corrompere per favorire un clima positivo proprio sui mondiali qatarioti. Inchiesta, con epicentro anche italiano, ancora tutta da chiarire, ma intanto già capace di allargarsi al Marocco e alla sua pesca. Ed è un caso che il Marocco (qui inteso come nazionale maschile di calcio) nell’ultimo mesetto sia stata la vera sorpresa, capace di arrivare in semifinale, persa ieri con la Croazia per 2 a 1. Anche qui: fiumi di parole e inchiostro, per raccontare con disarmante superficialità (nella quale la Rai si è distinta) la sfida post coloniale combattuta dai calciatori marocchini contro la Spagna e poi nella sconfitta contro la Francia.

Per chiudere ecco le parole di Gianni Infantino, il numero uno del calcio mondiale, decisamente più arretrato nella classifica che calcola il quoziente intellettivo degli esseri umani: «Questo è stato il miglior Mondiale di sempre». È stato il peggiore. Ha aggiunto: «I diritti? Viene prima chi vuole godersi il calcio». Ingiustizia è fatta. Il gioco del calcio mondiale finisce qua. Adieu monsieur Rimet.

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