«Non si capisce il senso di questa missione, e non si capisce perché un partito come il nostro debba sostenerla» dice a un certo punto Graziano Delrio. L’ex capogruppo dem prende la parola nel mezzo dell’assemblea virtuale che i deputati Pd tengono nel pomeriggio di ieri alla Camera sulla delibera missioni internazionali.

Il provvedimento, che finanzia le missioni militari italiane all’estero, sarà in aula per il voto il 15 luglio, e i dubbi che Delrio esprime al ministro della Difesa Lorenzo Guerini e alla sottosegretaria Marina Sereni, presenti anche loro all’assemblea, riguardano la «scheda 48/2021», quella in cui sono previsti i finanziamenti che il governo chiede di stanziare per l’addestramento della cosiddetta Guardia costiera libica: 10,5 milioni di euro, con un aumento di 500 mila euro rispetto allo scorso anno.

Il senso della domanda del deputato cattolico è chiaro: cosa c’entriamo noi con chi è quotidianamente accusato di usare violenza ai migranti?
Delrio non si spinge fino al punto di ipotizzare un voto contrario alla scheda 48 nel caso la Camera dovesse decidere di procedere separandola dal resto del provvedimento, ma il malessere che esprime è evidente.

Chi lo dice chiaramente sono i deputati che da sempre si oppongono a qualsiasi tipo di rapporto con la Marina di Tripoli come Matteo Orfini, Laura Boldrini e Giuditta Pini. «E’ ovvio che nessuno dice che dobbiamo andare via dalla Libia o disconosce il processo di stabilizzazione del Paese – spiega Orfini – ma questo non c’entra nulla con la scelta di contenere i flussi dei migranti esternalizzando le frontiere e sostenendo la Guardia costiera libica. Una strategia cominciata col governo Gentiloni – prosegue il deputato – ma fallita al punto che anche chi l’ha ideata, come Marco Minniti, oggi dice che è improponibile».

In cinque anni i finanziamenti destinati indirettamente ai libici per intercettare e riportare nel Paese nordafricano i barconi dei migranti sono triplicati, passando dai 3,6 milioni di euro del 2017 ai 10,5 di oggi. In tutto 32,6 milioni in aggiunta a mezzi sia terrestri che navali. Come la motovedetta che la scorsa settimana ha cercato di speronare e sparato contro un barcone.

L’anno scorso, quando si è arrivati al dunque, otto deputati Pd hanno unito il loro voto contrario a quello dei colleghi di LeU, di cinque del Misto e di tre del M5S. Tutti gli altri però si espressero a favore contando sull’assicurazione che nel Memorandum Italia-Libia sarebbe stata inserita una garanzia circa il rispetto dei diritti umani dei migranti. Cosa mai avvenuta, perché le modifiche al Memorandum sono ancora ferme. Nel frattempo i libici continuano a riportare centinaia di uomini, donne e bambini nei centri di detenzione.

«Ma rispetto all’anno scorso molte cose sono cambiate e ci sono novità che vanno colte» spiega Enrico Borghi, il deputato delegato da Letta a seguire il dossier. «Oggi in Libia esiste un governo che un anno fa era impensabile e non siamo più nel contesto del Memorandum perché Draghi ha posto a Bruxelles il tema del patto europeo sull’immigrazione. La missione Irini, poi, addestrerà la Guardia costiera libica e questo non è secondario, perché se non lo facciamo noi lo fa la Turchia».

La questione, comunque, agita il Nazareno al punto che Enrico Letta, che da presidente del consiglio varò la missione Mare nostrum, avrebbe chiesto ai suoi di verificare la possibilità di interrompere la collaborazione tra il governo italiano e Guardia costiera libica. Con esiti però, molto lontani da quelli sperati. Intanto nei prossimi giorni i deputati dem torneranno a riunirsi. «Abbiamo chiesto di verificare se esistono i margini per separare la scheda 48 dal resto della delibera», conclude Orfini. «In caso contrario bisognerà capire come organizzare il dissenso in aula».