C’era una volta Camerino
A 5 anni dal terremoto Nella città marchigiana il centro storico è abitato solo da gatti, gli unici guardiani di queste case e delle strade che ancora portano le ferite del sisma
A 5 anni dal terremoto Nella città marchigiana il centro storico è abitato solo da gatti, gli unici guardiani di queste case e delle strade che ancora portano le ferite del sisma
Fra metà maggio e giugno lo struscio era continuo fra il bar K2 e la Rocca Borgesca, la Corsa alla Spada poteva pregiudicare l’esito degli appelli dei tanti studenti universitari che facevano tardi nelle osterie aperte delle vie del centro storico. Un evento atteso a Camerino e nell’intera provincia. Nelle taverne dei terzieri si intrecciavano storie, il siciliano fuoricorso o la greca al primo anno fraternizzavano con i camerti i quali abbandonavano il consueto riserbo dei marchigiani dell’entroterra. In un libretto della festa del 2014 capeggia lo stemma rosso e bianco di Banca Marche, poi fallita. Forse una delle principali cause che ha innescato la trasformazione sociopolitica subita negli ultimi anni dalla regione.
DAVANTI AL K2, vicino a piazza Garibaldi, oggi sosta un mezzo dell’esercito, fuori tre militari armati che parlottano dei prossimi turni di lavoro. Da via XX Settembre la strada è zona rossa. Sul prato della Rocca invece ci sono famiglie, i bambini rincorrono il pallone, da questa estate in un chiosco si può prendere un aperitivo mentre si gode del tramonto con vista sui Sibillini. Il centro storico è praticamente disabitato, dalle mura e dai palazzi rinascimentali del XVI secolo si coglie ancora tutta la magnificenza, seppure gli edifici siano per lo più bardati da legno e ferro. Allo stesso modo gli anonimi innesti della rampante edilizia anni ’70 saltano all’occhio come grotteschi segni di impotenza, con le crepe che a 5 anni di distanza dal terremoto lacerano nel profondo l’intonaco.
Se in cielo spiccano le gru, nel mezzo le armature, sui sampietrini fra le erbe infestanti che vengono ricacciate indietro dagli addetti comunali, spuntano orecchie e code, grandi occhi verdi che scrutano il passante e scappano. Alcuni felini invece si inarcano in un rito di benvenuto. Presto si scopre che i gatti sono organizzati, al parcheggio meccanizzato oppure vicino all’ex polo museale di San Domenico compaiono cucce, dispenser di crocchette, ciotole d’acqua. Sono a tutti gli effetti i guardiani di queste case e delle strade. Valentina Pinzi la puoi incrociare mentre gira in centro con una rete da pesca, si occupa delle colonie feline, è una missione che svolge ogni giorno quando smette di lavorare, ne ha intestate 4. In un portone si legge: «Si prega di non somministrare cibo nei giorni lunedì e martedì al fine di consentirne la cattura», chi ha dimestichezza con le colonie feline sa che la prerogativa è sterilizzare: «Ho comprato la rete per acciuffare quelli imprendibili, lo so, sembro una matta. Purtroppo non fanno più le sterilizzazioni, lasciamo i gatti alla Asur che devono portarli a Macerata (a 40 km, ndr), a discapito della salute dell’animale che deve farsi 100 chilometri».
Come raccontò Silvia Ballestra in Vicini alla terra (Giunti, 2017), l’impegno rivolto agli animali durante un’urgenza come il terremoto rischia di non essere capito, ci si dimentica facilmente che sono parte fondamentale della nostra vita.
Valentina è una volontaria, gli unici contributi che accetta sono crocchette: «Il lavoro maggiore è stato sensibilizzare la popolazione che, ovviamente, aveva altri problemi. Il gatto per legge è libero sul territorio, il comune non ha praticamente oneri se non tenere pulito il suolo pubblico. Il gatto tiene lontano tutto ciò che è indesiderato all’occhio della persona». In via Pontoni c’è un garage aperto dove entrano ed escono, in vicolo Fiorenzuola c’è un cartello che avvisa di lasciare lì solo ciò che è utile per i gatti: «Una signora con la casa inagibile ha messo a disposizione il suo garage, chi ormai abita fuori porta le crocchette in centro, è anche un modo per ritrovare una quotidianità lì. Tanti gatti sono stati lasciati lì». Gatti cresciuti in casa, abituati al calduccio e alle crocchette sempre disponibili che devono rimediare quel che possono in strada.
GIÀ, LA STRADA. Se si prova a inserire il centro storico su Google Maps appare divisa in poligoni irregolari con diversi colori, priva di strade, proprio come i terreni arati che si osservano affacciandosi verso est dal muraglione della Rocca. Per capire com’era bisogna dare un’occhiata a Google Street View che aveva fatto visita al centro storico nel giugno 2011 e agosto 2015. In un bar nella nuova zona, il Sottocorte Village, un piano di prefabbricati modulari, un cliente si lascia andare: «Sarebbe meglio tirare giù tutto e ricostruire». È un luogo abbastanza comune, figlio dell’insofferenza, dell’immobilismo e anche dell’impossibilità di immaginare come vivere in sicurezza in quelle abitazioni. Solo i gatti sembrano aver trovato la modalità per restare.
Ania Pettinelli gestisce il Rifugio del Cane “Colle Altino”, fa parte del direttivo della sezione di Camerino e Matelica della Lega Nazionale per la Difesa del Cane, ricorda cinque anni fa: «Il primo mese sono arrivate tartarughe, una cinquantina di cani, gatti, non sapevamo dove metterli. Quando le persone sono state trasferite sulla costa, gli hotel non accettavano animali e i proprietari chiamavano noi, alcuni erano ancora nelle case e nei recinti. I gatti dei privati sono ritornati tutti ai legittimi proprietari, i cani senza chip invece li abbiamo trovati davanti alle transenne ad aspettare chissà chi».
Racconta che a Muccia era stata montata una tenda insieme all’Oipa di Macerata e all’Asur per concordare gli interventi in base alle tante segnalazioni: «Quando scendevamo dalla macchina ci accerchiavano orde di gatti affamati». Ania ha un corollario di storie traumatiche, coppie di cani che vivevano in una famiglia e che sono stati separati o cani poco considerati di compagnia, abbandonati: «C’è chi si è fatto in quattro per riportarli con loro e altri che non vedevano l’ora di liberarsene. Una ventina di cani col chip sono rimasti al canile, i proprietari venivano rintracciati ma sparivano. Un anno dopo il terremoto abbiamo avuto un calo di ingressi, oggi gli abbandoni sono meno frequenti specialmente dei meticci più piccoli. Però le adozioni sono calate anche per lo spopolamento».
Nelle anguste Sae i cani di taglia grande sono più difficili da gestire, quindi da ricollocare: «I gatti sono più problematici per una struttura, hanno un’indole diversa, la soluzione sono le colonie. Ma la legge regionale prevede solo per i cani un costo di mantenimento giornaliero, i gatti invece sono tutti a carico del privato».
IL VENTO FISCHIA sulle impalcature che si fanno strumento, una musica che restituisce un paesaggio irregolare e che, malgrado le griglie metalliche o i ponteggi coperti dai teli bianchi, tuttora merita di essere attraversato. A ogni angolo cartelli di cantiere.
Di fronte all’ex caserma dei Carabinieri passa un gatto nero, si ferma e guarda il relitto di una Volkswaghen, il tettino schiacciato sagoma ancora le pietre che l’hanno colpita, sono state rimosse, al loro posto la peluria verde dell’erba entra in contrasto con il grigio metallizzato, facendola sembrare uno strambo vaso incolto. Corso Vittorio Emanuele II è stato riaperto da poco, in un portone sigillato da un robusto catenaccio spicca un fiocco azzurro impolverato, quel bambino il prossimo anno inizierà la scuola e non ha mai giocato in casa sua.
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