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Centoundici università iraniane entrano in sciopero

Centoundici università iraniane entrano in scioperoGas lacrimogeni contro la protesta al Politecnico di Teheran, sabato primo ottobre – Ap

Iran Politecnico sotto assedio a Teheran, la gente chiamata a raccolta per proteggerlo. Parla l'Ayatollah Khamenei: «Rivolte pianificate da Usa e Israele». Da venerdì in carcere la trentenne italiana Alessia Piperno

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 4 ottobre 2022

«Se un giorno l’Iran sarà un Paese libero è merito di queste persone, di queste ragazze che scendono in piazza e danno fuoco ai loro hijab, e a quegli uomini che stanno combattendo per le loro donne». Così scriveva Alessia Piperno in uno dei suoi ultimi post su Instagram. Un commento sulle proteste innescate dalla morte della ventiduenne Mahsa Amini.

Un commento come tanti sui social media. Ma Alessia Piperno si trova a Teheran, dove si finisce in cella anche solo per un like. Venerdì la trentenne romana è stata fermata. Con lei, in carcere, altri otto occidentali. Pedine in un gioco più grande di loro.

COME IL TURISTA FRANCESE Benjamin Brière, 36 anni: arrestato nel maggio 2020 per aver scattato «fotografie di aree vietate» con un drone in un parco naturale in Iran, a gennaio era stato condannato a otto anni e otto mesi di reclusione per «spionaggio» e «propaganda» contro il regime.

Prima di lui, il 1° luglio 2009 la studentessa francese Clotilde Reiss era stata fermata e accusata di spionaggio mentre cercava di lasciare il paese: aveva scattato fotografie delle proteste – innescate dai brogli nelle elezioni in cui l’ultraconservatore Ahmadinejad era stato confermato per un secondo mandato presidenziale – e le aveva mandate per mail a un amico in Francia.

Alessia Piperno, Benjamin Brière e Clotilde Reiss sono cittadini europei, non hanno anche la nazionalità iraniana. Di conseguenza, la Farnesina e l’Eliseo possono agire attraverso i canali diplomatici. Diversa la condizione di coloro che hanno doppio passaporto, iraniano e occidentale: Teheran riconosce soltanto la cittadinanza iraniana, e quindi intervenire è più complesso.

Ma comunque possibile, come nel caso di Baquer Namazi, 85 anni, iraniano naturalizzato americano: detenuto in Iran dal febbraio 2016, gli era stato vietato lasciare il paese. Ora, in seguito a un accordo tra Teheran e Washington, ha ottenuto l’autorizzazione per lasciare l’Iran. Anche suo figlio, detenuto da sette anni, è stato rilasciato e ora si trova a casa di famigliari nella capitale iraniana.

IN SEGUITO alla liberazione dei Namazi, padre e figlio, le autorità della Repubblica islamica hanno dichiarato di essere in attesa dello sblocco di 7,1 miliardi di euro congelati all’estero. Soldi iraniani, bloccati in Corea del Sud in seguito alle sanzioni decise dal Tesoro statunitense nel 2018, quando il presidente Trump si era ritirato unilateralmente dall’accordo nucleare. Ora questa somma potrebbe servire ad ayatollah e pasdaran per spaccare il fronte delle proteste, con un aumento dei salari e delle pensioni, ed elargendo sussidi.

Così facendo, si potrebbero calmare gli animi di chi la notte scende in strada in primis contro carovita e disoccupazione; e si darebbe un risarcimento anche ai mercanti del bazar, il cui fatturato si è dimezzato: con le proteste, dopo le 5 del pomeriggio nessuno va più a fare compere.

Nel frattempo, la macchina della repressione continua a mietere vittime. Sono circa 1.200 gli iraniani arrestati durante le manifestazioni. Domenica notte gli studenti del Politecnico Sharif di Teheran sono stati duramente attaccati con colpi d’arma da fuoco e gas lacrimogeni dalle forze delle Guardie rivoluzionarie, da polizia e i agenti in borghese.

UN GRAN NUMERO di persone a Teheran si è recato nell’ateneo dopo la richiesta di aiuto degli studenti, tra cui anche figli della nomenclatura. Molti hanno percorso in auto le strade intorno all’università, suonando i clacson e gridando slogan.

Decine di studenti del Politecnico sono stati arrestati e, secondo quanto riportano i social, ieri gli studenti di 111 università – tra cui quelle di Teheran, Isfahan, Kermanshah, Tabriz e Semnan – hanno scioperato a loro sostegno.

Dopo parecchio tempo, ieri il leader supremo Ali Khamenei ha preso la parola in pubblico. Dapprima ha espresso rammarico per la morte di Mahsa Amini, che ha «spezzato i nostri cuori». Dopodiché ha dichiarato: «Queste rivolte sono state pianificate, se non fosse stato per questa ragazza, avrebbero creato un’altra scusa per fomentare l’insicurezza. Queste rivolte sono state progettate dall’America e dal regime sionista, usurpatore, aiutati dai loro sottoposti e da alcuni iraniani traditori all’estero. Gli Stati uniti sono contro un Iran forte e indipendente. Stanno cercando di riportare l’Iran all’epoca della dinastia Pahlavi, che obbediva ai loro ordini come una pecora».

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