Non ci sono le condizioni per estradare Anan Yaeesh in Israele perché «vi è motivo di ritenere» che lì «possa essere sottoposto a trattamenti crudeli, disumani o degradanti». Lo dice la Corte d’appello dell’Aquila, che ha sostanzialmente accolto in pieno le ragioni dell’istanza presentata dall’avvocato del 37enne palestinese, Flavio Rossi Albertini. Per i giudici, dunque, non esistono «le condizioni per una sentenza favorevole all’estradizione in quanto il detenuto è sottoposto a procedimento penale per gli stessi fatti oggetto della richiesta di estradizione nell’ambito di un procedimento promosso dalla Procura dell’Aquila» perterrorismo. Inoltre c’è c’è la possibilità che venga sottoposto a tortura. La Corte evince «tale rischio dalle relazioni, depositate dalla difesa, di organizzazioni non governative, ritenute affidabili sul piano internazionale, quali Amnesty International e Human Rights Watch». Il riferimento è alle notoriamente terribili condizioni di detenzione in Israele per i cittadini paestinesi, «caratterizzate da sovraffollamento, violenze fisiche, condizioni di scarsa igiene e di mancata assistenza sanitaria ulteriorme te peggiorate in concomitanza con il conflitto in corso».

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Yaeesh resterà però ugualmente in carcere a Terni, dove è rinchiuso dalla fine dello scorso gennaio, proprio perché finito al centro di un’inchiesta della Dda dell’Aquila per terrorismo internazionale, insieme ad altri due suoi concittadini, Ali Saji Rabhi Irar e Mansour Doghmosh. Gli investigatori, sulla base per lo più di elementi raccolti dalla giustizia israeliana oltre che da alcuni post sui social network e alcune chat, sostengono che i tre abbiano instaurato un rapporto di collaborazione con le Brigate Tulkarem allo scopo di «organizzare attentati suicidari in territorio israelo-palestinese, in particolare in Cisgiordania». Oltre che per il rischio di trattamenti disumani e degradanti, è sulla base di questa indagine italiana, in virtù della convenzione internazionale sull’estradizione, che Yaeesh non può essere rimandato in Israele e deve attendere in Italia il compiersi del suo destino giudiziario. E questo nonostante il ministero della Giustizia avesse dato il suo parere favorevole. Tutto questo, peraltro, avviene in concomitanza con la visita del Copasir, il comitato parlamentare per la sicurezza della repubblica, in Israele per incontrare sia il governo di Tel Aviv sia l’Autorità nazionale palestinese. L’obiettivo della missione, si apprende, è «fare il punto sulle implicazioni per la sicurezza nazionale del conflitto in Medio Oriente». L’inchiesta che vede Yaeesh al centro riguarda esattamente affari del genere.