Catalogna, sciopero generale. E spunta un nuovo referendum
Crisi catalana Appuntamento alle 17 per il blocco convocato da due piccoli sindacati indipendentisti.
Crisi catalana Appuntamento alle 17 per il blocco convocato da due piccoli sindacati indipendentisti.
«Non c’è nessuno al volante». La frase della deputata di En comú Podem Jessica Albiach che ieri è risuonata nel Parlament catalano ben riassume una situazione che sembra essere sfuggita di mano al Govern di Barcellona. Mercoledì notte, per il terzo giorno di seguito, un gruppo di violenti – certamente minoritario ma molto ben organizzato – ha preso il controllo della città di Barcellona, alla fine di una manifestazione che era stata pacifica (con tanto di rotoli di carta igienica per «pulire la sporcizia» delle cariche della polizia) fino quasi alla fine.
LE IMMAGINI erano dantesche, con incendi (alcuni alti 4 piani) di arredamento urbano, cassonetti, auto e moto per tutte le strade intorno alla sede del ministero catalano degli interni fino a tarda notte, cariche della polizia (sia Mossos che Policía nacional) e la sensazione che le cose fossero fuori controllo. Tanto che finalmente, dopo che aveva passato la giornata nicchiando, il president Quim Torra era apparso davanti ai media a mezzanotte passata per denunciare esplicitamente la violenza e chiedendo ai manifestanti di smetterla.
Ma il problema è che l’organizzazione dei disordini, a margine delle manifestazioni convocate da entità indipendentiste legate al governo, come Òmnium o Anc, sembra essere guidata da qualcuno che non è neppure chiaro esattamente che obiettivi abbia. Anche ieri i Comitati di difesa della repubblica Cdr hanno convocato una nuova manifestazione, stavolta una «festa sportiva» ai Giardinetti di Gràcia, sempre al centro di Barcellona che fino all’ora di chiusura del giornale si è svolta in un clima pacifico e festoso, riunendo circa 13mila persone, cosi come assolutamente pacifica è stata la manifestazione degli studenti in giornata (più di 25mila).
MA LA GIORNATA CHIAVE di questa settimana sarà proprio oggi: due piccoli sindacati indipendentisti hanno convocato uno sciopero generale che, nonostante i principali sindacati Ccoo e Ugt non abbiano aderito, sembra avrà un enorme successo. Entità culturali (come università, teatri e il teatro dell’opera Liceu di Barcellona), associazioni, giornali, hanno espresso il proprio appoggio allo sciopero. Moltissime scuole saranno deserte, le lezioni universitarie sospese, piani di emergenza per i trasporti sono stati già predisposti.
PERSINO LA FABBRICA della Seat ha sospeso la produzione. Cinque «marce» da altrettanti punti dell’entroterra catalano raggiungeranno la capitale, dopo aver percorso a piedi centinaia di chilometri (impedendo il transito veicolare). L’appuntamento per tutti è alle 17 per la manifestazione che con tutta probabilità vedrà la partecipazione di diverse centinaia di migliaia di persone. Lo ha tuittato anche la piattaforma Tsunami Democràtic: «Abbiamo tutti voglia di continuare a dimostrare la forza della gente con nuove azioni», ricordando che potrà collaborare chiunque scarichi la loro app (validabile solo con codici scambiati da «persone di fiducia»). Ma paradossalmente nel frattempo il governo catalano è sull’orlo del precipizio. Gli stracci fra i soci di governo sono volati ieri in diretta televisiva durante il dibattito convocato in Parlament dallo stesso Torra.
DOPO UN DISCORSO pieno di retorica, come sempre, e in cui ha difeso il lavoro della polizia solo in un fugace inciso, il president ha tirato fuori un asso dalla manica: non solo «non ci fermeremo» ma «daremo corpo alle nostre parole» sul diritto all’autodeterminazione con… un nuovo referendum entro la primavera prossima.
Apriti cielo. I soci di Esquerra republicana impallidiscono e non credono alle loro orecchie. Dell’intenzione di lanciare questa bomba Torra non li aveva informati, e lo dicono nel loro turno di parola, cercando di salvare le forme (ma convocando una precipitata riunione d’urgenza subito dopo la seduta). Tutti gli altri partiti chiedono a viva voce le dimissioni di Torra, compresi socialisti e Comuni (En comú Podem). La Cup non lo fa esplicitamente ma anche loro si sono smarcati dalla trovata del president-attivista. «Lei antepone l’indipendenza alla convivenza», ha tuonato il segretario socialista Miquel Iceta, con la velata minaccia che sta portando la Catalogna vicino una nuova perdita dell’autonomia. Il banco di prova sarà proprio oggi.
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