Dopo il terremoto politico generato dal Catalangate – lo spionaggio ai danni di 63 dirigenti indipendentisti catalani – ieri un altro colpo di scena: anche i telefoni del premier Sánchez e della ministra Robles sarebbero stati violati dallo spyware israeliano Pegasus.

In una conferenza stampa convocata d’urgenza, il ministro della presidenza Bolaños ha spiegato che secondo il Centro Criptologico Nazionale (una sezione del Cni, i servizi spagnoli) risulterebbero due intrusioni sul cellulare del capo del governo nel maggio 2021 e una in quella della ministra della difesa il mese successivo. Dal primo smartphone sarebbero stati estratti 2,7 gigabyte di dati, dal secondo pochi mega.

Bolaños ha puntato il dito contro una generica «intrusione esterna, estranea alle agenzie statali», ma alcuni media agitano già lo spettro dello spionaggio russo, già adombrato – senza reali riscontri – dopo il referendum per l’indipendenza della Catalogna del 2017.

Sibillina la reazione del nuovo leader del Pp: Feijóo si è detto «negativamente sorpreso» del fatto che il nuovo caso emerga proprio nel pieno delle polemiche scatenate dal Catalangate, nonostante i regolari controlli ai quali il Cni sottopone i telefoni dei membri del governo. La violazione della privacy di Sánchez e Robles «è un crimine grave che minaccia la democrazia» ha detto l’ex presidente catalano Puigdemont dall’esilio belga, rimproverando al governo di Madrid di non aver fatto nulla per contrastare lo spionaggio ai danni dei dirigenti indipendentisti.

La ministra e segretaria di Podemos, Ione Belarra, ha chiesto alle istituzioni competenti di individuare quanto prima i responsabili: «Sono in gioco la democrazia e la fiducia dei cittadini».

Per Jordi Sànchez, leader del di Junts per Catalunya, i responsabili vanno cercati nelle «cloache dello stato», come vengono definiti alcuni settori “deviati” degli apparati di sicurezza.