Europa

Caso Pablo Hasél, «la Spagna come la Turchia»

Caso Pablo Hasél, «la Spagna come la Turchia»Pablo Hasél

Libertà di espressione ferita Arresto vicino per il rapper catalano accusato di «Ingiurie alla Corona». Ma in tutto il regno crescono le proteste e le prese di posizione in suo favore, da Almodóvar a Joan Manuel Serrat. Una inattesa mobilitazione che ha convinto i socialisti a promettere una riforma del Codice penale

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 14 febbraio 2021

Rinunciando a cercare riparo all’estero per evitare di finire in cella, Pablo Hasél intendeva suscitare dibattito e mobilitazione a difesa della libertà di espressione. Le iniziative degli ultimi giorni gli danno ragione: la condanna e l’imminente arresto del rapper catalano hanno generato una mini tempesta politica proprio durante la campagna per il rinnovo del parlament.

IN TUTTO IL REGNO una quarantina di manifestazioni e presìdi hanno chiesto la libertà per l’artista e la cancellazione delle norme censorie. Nei dieci giorni concessi dal tribunale affinché Hasél si consegnasse spontaneamente a un penitenziario (opzione rigettata dall’artista e “scaduta” alle 20 di venerdì scorso) due diversi appelli hanno raccolto centinaia di adesioni, molte delle quali non scontate, manifestando il trasversale malessere di artisti e intellettuali. A favore di Hasél (e spesso nonostante Hasél) si sono espressi nomi di rilievo: dai registi Pedro Almodóvar, Montxo Armendáriz e Fernando Trueba agli attori Javier Bardém e Itziar Ituño (resa nota da La casa di carta), dalla scrittrice Almudena Grandes al cantautore Joan Manuel Serrat, dalla direttrice del quotidiano Público ai rappresentanti di varie riviste satiriche. E poi molte band; impegnate e non: dagli SKA-P a Muguruza passando per Tom Morello (Rage Against The Machine).
Gli appelli accostano la Spagna alla Turchia e ricordano che negli ultimi anni – paradossalmente dopo lo scioglimento dell’Eta e di altri gruppi armati – almeno 150 tra artisti, giornalisti o semplici utenti dei social sono stati processati o condannati per reati d’opinione, e chiedono quindi una radicale riforma del Codice penale.

Anche secondo Amnistía Internacional «nessuno dovrebbe essere condannato penalmente per twittare o cantare qualcosa di sgradevole o scandaloso»; da anni l’associazione chiede a Madrid di eliminare i reati di «apologia di terrorismo» e di «ingiurie alla Corona e alle istituzioni», quelli impugnati dall’Audiencia Nacional per condannare Hasél prima a due anni e poi ad altri nove mesi. Una pena che il 32enne potrebbe dover scontare interamente, visto che la corte lo ha ritenuto recidivo e pericoloso.

Poche ore dopo la scadenza del termine per consegnarsi, mentre il rapper pubblicava il suo ultimo video “dedicato” al re Filippo VI, contro l’arresto si pronunciava anche la responsabile dell’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) per la libertà d’espressione, la portoghese Ribeiro.

ALL’INIZIO IL GOVERNO SÁNCHEZ ha glissato; a ordinare la carcerazione, che può scattare in ogni momento, è stata del resto una giudice “vicina” alla destra. Poi la forse inattesa mobilitazione ha convinto i socialisti a promettere una riforma del Codice penale; Podemos, secondo cui in Spagna «non c’è piena normalità democratica», ne propone una più radicale. Ma il premier non sembra aver fretta; ancora il 27 ottobre il Psoe ha unito i suoi voti a quelli delle destre per impedire la depenalizzazione del reato di «ingiurie alla Corona».

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