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Caso Gregoretti, la difesa di Salvini affidata a sette mail

Caso Gregoretti, la difesa di Salvini  affidata a sette mail

Migranti Depositata a Palazzo Madama la memoria difensiva dell’ex ministro dell’Interno. Che punta a coinvolgere Conte e Di Maio

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 4 gennaio 2020

Sette mail per dimostrare che la decisione di non far sbarcare i migranti dalla nave Gregoretti non fu un’iniziativa personale dell’allora ministro dell’Interno ma una scelta collegiale del governo. «So di aver fatto il mio dovere, sempre nell’esclusivo interesse della mia patria», ha ripetuto ancora ieri Matteo Salvini.

Bisognerà aspettare un paio di settimane per capire se quanto il leader leghista va dicendo da quando il Tribunale dei ministri di Catania ha chiesto l’autorizzazione a procedere nei suoi confronti per sequestro di persona avrà convinto oppure no i membri della Giunta delle immunità del Senato. Mercoledì prossimo la commissione comincerà ad esaminare la memoria difensiva dell’ex ministro messa a punto dall’avvocato Giulia Bongiorno e depositata ieri a Palazzo Madama. «Nei prossimi giorni, in qualità di relatore, metterò a punto la proposta che sottoporrò all’esame della Giunta. Il termine entro il quale dobbiamo pronunciarci è di trenta giorni dal ricevimento della memoria», ha confermato ieri il presidente dell’organismo, Maurizio Gasparri. In realtà di giorni ne serviranno molti meno visto che la data entro la quale la Giunta dovrà pronunciarsi è già stata fissata per il 20 gennaio (poi, a febbraio, la parola definitiva spetterà all’aula).

La strategia studiata da Salvini con il suo legale è semplice: riuscire a coinvolgere gli ex alleati di governo, a partire dal premier Giuseppe Conte e da Luigi Di Maio, nella decisione di non far sbarcare per sei giorni – a partire dal 26 luglio dell’anno scorso – 131 migranti che si trovavano sulla nave Gregoretti della Guardia costiera. In pratica lo stesso schema già adottato per l’analogo caso della nave Diciotti. «La gestione dei migranti – scrive oggi l’ex ministro nella memoria difensiva – non rappresentava l’espressione della volontà autonoma e solitaria del ministero dell’Interno», ma si inseriva «nel perimetro di un preciso indirizzo dell’esecutivo allora in carica».

A dimostrazione di questa tesi viene messo a disposizione della Giunta il «carteggio» di cui Salvini aveva parlato nei giorni scorsi. Sette mail scambiate tra il 26 luglio e il 2 agosto tra alti funzionari di Palazzo Chigi, Farnesina e Viminale nelle quali si affronta la questione dello smistamento dei migranti tra i Paesi dell’Unione europea. Le mail che dimostrerebbero quanto Salvini afferma sono quelle scambiate tra il consigliere diplomatico d Conte, Pietro Benassi, il capo di gabinetto del Viminale Matteo Piantedosi e alti funzionari della Farnesima come il segretario generale Elisabetta Belloni e il rappresentante italiano all’Ue, l’ambasciatore Maurizio Massari. Salvini cita anche la lettera che Conte scrisse nel luglio del 2018 ai vertici dell’Unione europea per sollecitare «l’adeguamento immediato del piano Eunavfor Med-Sophia (la missione europea nel Mediterraneo, ndr) in relazione ai porti di sbarco, che non avrebbero dovuto essere solo italiani». Infine vengono ricordate le dichiarazioni rese dai ministri Alfonso Bonafede («Gregoretti? Europa deve farsi carico del problema», rilasciata il 30 luglio) e Di Maio («L’Italia non può sopportare nuovi arrivi di migranti, quei migranti devono andare in Europa», del 31 luglio).

Per l’ex presidente del Senato Pietro Grasso il contenuto della memoria rischia di trasformarsi in «un boomerang» per Salvini: «Il governo non è stato coinvolto nell’assegnazione del Pos (porto sicuro, ndr) e nello sbarco dei migranti, ma solo nella ricerca di Paesi disponibili per il ricollocamento, fase che nulla ha a che fare con il reato contestato al senatore Salvini. La sua memoria quindi lo inchioda alle sue responsabilità personali», ha detto il senatore di LeU. Sulla stessa linea anche l’ex M5S Gregorio De Falco, per il quale la memoria difensiva «di tutto si occupa tranne della questione che gli viene imputata, cioè che vi sia stata una scelta collegiale del governo sul trattenimento dei migranti a bordo della Gregoretti». A Grasso rispende infine il leghista Gian Marco Centinaio: «Grasso evidentemente non ha compreso o finge di non comprendere. La memoria dimostra la linea governativa nell’interesse pubblico».

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