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Caso Ferri, il Csm assolve l’ex sottosegretario

Caso Ferri, il Csm assolve l’ex sottosegretario

Giustizia Aveva accompagnato un giudice a villa Grazioli da Berlusconi. Resta in piedi un procedimento per l’incontro del 2019 con Lotti e Palamara

Pubblicato 8 mesi faEdizione del 20 marzo 2024

Finisce con un’assoluzione davanti al Csm il caso di Cosimo Ferri, autentica odissea in toga che si trascina avanti da anni. Ferri, ex leader della corrente di destra Magistratura Indipendente ed ex sottosegretario alla Giustizia, era finito nel mirino delle autorità di garanzia dei giudici per una sua «condotta gravemente scorretta», cioè il fatto di aver accompagnato in due occasioni, tra il 2013 e il 2014, il collega Amedeo Franco a palazzo Grazioli da Silvio Berlusconi. La sesta sezione disciplinare del Csm è così intervenuta dopo che già la Cassazione aveva chiesto per Ferri l’annullamento della precedente condanna alla perdita di due anni di anzianità. A chiedere l’assoluzione era stato già l’avvocato generale della Corte Pasquale Fimiani, dopo aver preso atto della morte di Berlusconi e Franco e, di conseguenza, dell’impossibilità di ascoltarli nuovamente. Ferri, attualmente distaccato al ministero della Giustizia e membro del consiglio di presidenza della Giustizia tributaria esce così dalla vicenda senza addebiti a carico.

«Sono venuti a mancare i due protagonisti della vicenda, Berlusconi e Franco, e non si rinviene agli atti alcun altro riferimento a persone a conoscenza dei fatti alcuna altra prova dichiarativa che possa essere assunta in questa sede – ha spiegato il pg -. La rivalutazione non può che essere compiuta sulla base degli stessi fatti che la Cassazione ha analizzato. Prendendo atto della decisione della Cassazione e del fatto che non ci sono più gli altri due protagonisti della vicenda né altri spunti investigativi da compiere, si deve concludere con una richiesta di assoluzione per essere rimasto escluso l’addebito».

Ferri, che all’epoca dei fatti contestati era al governo come sottosegretario, secondo l’accusa rendeva possibile «la condotta gravemente scorretta» del giudice Franco, «già a lui anticipata», nei confronti dei componenti del collegio definiti da Franco «un plotone di esecuzione», costituito da «quattro ultimi arrivati» che «non capivano niente». Ferri, in udienza, si era difeso dicendo di non aver mai «screditato nessuno, non c’è una frase fuori posto che io abbia detto. Il mio ruolo era quello di sottosegretario, svolgevo le mie funzioni politiche e non di magistrato. Perché Franco si è rivolto a me? Si rivolgeva a tutti. Ho la coscienza a posto, chiedo di essere giudicato non per la mia storia politica e associativa ma come qualsiasi persona guardando i fatti e le carte».
Ferri è però al centro anche di un’altra vicenda disciplinare per l’incontro all’Hotel Champagne di Roma, il 9 maggio del 2019, quando con Luca Palamara, Luca Lotti e 5 togati del Csm si discusse della nomina del procuratore di Roma. Qui la sezione disciplinare del Csm ha chiesto di sollevare un nuovo conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale dopo il no della Camera, a dicembre scorso, all’utilizzo delle intercettazioni nel procedimento a carico del magistrato.

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