Caso Attanasio, il patriottismo all’amatriciana del governo Meloni
Commenti Sono passati più di due anni ed ancora non sono emersi i mandanti della strage avvenuta nella Repubblica Democratica del Congo, ma solo dei presunti esecutori
Commenti Sono passati più di due anni ed ancora non sono emersi i mandanti della strage avvenuta nella Repubblica Democratica del Congo, ma solo dei presunti esecutori
Nella Repubblica Democratica del Congo, il 22 febbraio del 2021 in un villaggio nel Nord-est della regione del Kivu sono stati ammazzati, appena scesi dall’auto, l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, la sua scorta, il carabiniere Vittorio Iacovacci, e l’autista congolese Mustapha Milanbo, Sono passati più di due anni ed ancora non sono emersi i mandanti di questa strage, ma solo dei presunti esecutori. In questo periodo ci sono stati diversi incontri tra le massime autorità italiane, ministri degli Esteri e presidenti del Consiglio, e quelle congolesi, senza che si sia fatto un solo passo avanti.
Il processo in Congo per l’omicidio di Luca, Vittorio e Mustapha si è concluso in Aprile con la condanna a morte di cinque persone, come esecutori materiali dell’omicidio, condanna a morte rispetto alla quale “ l’Associazione amici di Luca Attanasio” (A.L.A.) ha espresso la ferma contrarietà aderendo alla proposta della signora Zakia, moglie di Luca, che ha avviato una raccolta di firme contro la pena di morte per i cinque condannati. Grazie a questa pressione, ed al coinvolgimento di diversi soggetti, la condanna è stata convertita in ergastolo. Una grande soddisfazione per le famiglie delle vittime che non chiedono vendetta ma giustizia e per i valori a cui si ispira l’Associazione amici di Luca Attanasio: pace, giustizia, uguaglianza.
Nel frattempo si svolge in Italia il processo che vede imputati i due funzionari del Programma Alimentare Mondiale (PAM) che avrebbero dovuto organizzare una adeguata scorta per la trasferta di Luca nel Nord Kivu, ed invece sembra che il nome dell’ambasciatore sia stato depennato dal brogliaccio di viaggio. Contro l’immunità richiesta dal PAM per coprire i due funzionari sotto accusa, inutilmente i membri della famiglia, che hanno incontrato le più alte autorità dello Stato e della diplomazia, si sono mossi con determinazione per chiedere di attivarsi, nelle sedi dell’ONU, per una revoca di tale immunità.
Si tratta di un processo complesso, che coinvolge il nostro Paese e il PAM, una istituzione internazionale che gestisce gli aiuti alimentari nei paesi più impoveriti della terra, ed è stata più volte accusata di essere infiltrata da organizzazioni criminali, che si impadroniscono di questi beni per poi rivederli nei mercati delle città africane. Luca e Vittorio erano due rappresentanti dello Stato ai massimi livelli, che hanno perso la loro vita durante lo svolgimento delle loro mansioni. Per questo, in vista della seconda udienza preliminare l’A.L.A. ha sollecitato le massime cariche dello Stato (Presidenza della Repubblica e Presidenza del Consiglio) a non lasciare sola la Procura di Roma, e costituirsi invece parte civile, dando così un segno dell’importanza di questo processo per la cittadinanza intera. Quell’appello è stato per ora inascoltato, e la terza udienza preliminare, che si terrà il 7 Luglio, rappresenta probabilmente l’ultima opportunità perché il nostro Paese si impegni nel processo volto a stabilire le responsabilità per il triplice omicidio.
Per questo l’A.L.A. ha deciso, assieme alla rete delle associazioni di Limbiate, di organizzare per il 7 di Luglio una manifestazione a Limbiate e un presidio a Roma davanti al tribunale dove si svolge l’udienza del processo.
Il fatto scandaloso è che questo governo che sul patriottismo ha posto le sue fondamenta, non senta il dovere di costituirsi parte civile in un processo di questa portata, anche per difendere l’onore del nostro paese e la memoria di un ambasciatore italiano, il primo ucciso in un agguato all’estero, mentre svolgeva la sua missione insieme al carabiniere Vittorio Iacovacci. Come nel caso di Giulio Regeni, anche in questo il business delle armi e del petrolio cancella ogni richiesta di giustizia e di verità. Pochissimi Paesi industrializzati svendono in questo modo la ricerca della verità per un loro connazionale. Ancora più grave, anzi vergognoso, che il governo della Patriota ignori questo atto dovuto tanto da far pensare che siamo di fronte ad una nuova forma di patriottismo: all’amatriciana. Come è stato autorevolmente detto: uno Stato che non difende i suoi Servitori è uno Stato senza dignità.
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