Imprese non in regola con il fisco, forti dubbi sulle certificazioni antimafia, mancati controlli da parte delle Regioni Marche e Lazio. Il presidente dell’Anac Raffaele Cantone ha inviato alle procure di Ancona e Rieti e alla Corte dei conti gli esiti degli accertamenti fatti sui lavori di fornitura e montaggio delle casette per i terremotati del 2016.

L’atto d’accusa è contenuto in due delibere pubblicate sul sito dell’anticorruzione e i fatti rilevati evidenziano come le ombre di questa storia superino di gran lunga le luci. Nelle Marche l’Anac ha ad esempio riscontrato che ancora lo scorso luglio erano 11 i subappaltatori ai quali non era stata verificata la certificazione antimafia.

E ancora: un’impresa con sede a Teramo avrebbe ottenuto lavori per 892.700 euro mentre aveva ancora 140.000 euro di pendenze inevase con il fisco. Le normative sul sisma, per casi del genere, prevedono l’esclusione dagli appalti e dai subappalti. Nel Lazio, invece, sono state trovate irregolarità tributarie per quattro ditte, con cartelle esattoriali che vanno dai 16.000 ai 31.000 euro.

E non solo: tra i casi, si segnalano le ispezioni fatte sulle Sae di Cittareale e Leonessa soltanto dopo che già la guardia di finanza si era interessata ai casi: un tentativo di mettere una toppa sul buco che non è certo passato inosservato, e che l’Anac ha bollato come fatto «singolare».

Dagli uffici regionali marchigiani hanno provato a rispondere che ci sono stati problemi legati alla gran mole di pratiche da sbrigare, e in effetti i numeri sono da grande ammucchiata: su quasi duemila casette montate in 29 comuni, le richieste di subappalto sono state 1.300, per un totale di 98 aziende coinvolte. La sensazione che il sisma fosse un grande affare per l’edilizia era concreto già da un po’, e la corsa ad accaparrarsi una fetta della torta è stata imponente. Difficile tenere tutto sotto controllo.

La stessa cosa la sostengono dalle parti della Regione Lazio, che nelle sue controdeduzioni ha fatto presente come «solo per le forniture delle Sae sono state ricevute più di mille richieste di subappalto» e che «le relative verifiche non hanno sempre avuto riscontro immediato e tempestivo». A questa obiezione, tuttavia, Cantone nella sua delibera risponde che «pur comprendendo le difficoltà nel provvedere in tempi ristretti alla costruzione di alloggi temporanei, le attività di controllo sono state carenti». Le Regioni, infatti, sono i soggetti attuatori per la realizzazione delle Sae, e a loro spetterebbe il compito di controllare che le imprese coinvolte siano in regola. Questo, con tutta evidenza, non è stato fatto o è stato fatto poco e male.

La vicenda delle casette provvisorie, d’altra parte, è sin dal suo inizio un capitolo molto complicato del grande romanzo del terremoto del 2016: consegnate con ritardi incredibili, a decine, soprattutto nel maceratese, hanno già cominciato a dare segnali di cedimento, con mura ammuffite, tetti sfondati, boiler esplosi e disagi vari. Sulle condizioni dei cantieri sta indagando da qualche mese pure la procura di Macerata, allertata da una serie di denunce fatte dalla Cgil, che nelle sue visite aveva trovato diversi lavoratori non in regola né con i contratti né dal punto di vista della sicurezza.

Giusto la settimana scorsa, in un cantiere di Matelica, c’è stato il primo morto sul lavoro dell’epoca della ricostruzione, il 50enne Khalid Khalid, originario del Kuwait. «È una vergogna – commenta la segretaria di Possibile Beatrice Brignone –, nessuno merita quello che stanno vivendo da due anni e mezzo le popolazioni terremotate. Le indagini dell’Anac non stupiscono e non fanno che aumentare il senso di rabbia e desolazione tra queste persone letteralmente abbandonate a se stesse».