Sicurezza. È stata la parola d’ordine che ha dominato la conferenza stampa, la voce prioritaria – forse persino più degli stessi film – in una ipotetica «scaletta» di organizzazione festivaliera. Thierry Frémaux, il direttore artistico, e Pierre Lescure, il presidente del Festival avevano annunciato «misure eccezionali» con cui fare fronte al terrorismo. Promessa almeno sulla carta, mantenuta, che ha mobilitato centinaia di militari, poliziotti, sminatori, vigilanti, mezzi marittimi polizia locale. L’altro giorno è arrivato a Cannes anche il ministro degli interni (socialista) Bernard Cazeuneve per ispezionare personalmente — come aveva annunciato mesi fa — quello che i media locali (Nice matin) definiscono un «dispositivo di ampiezza inedita», pensato in accordo bipartisan col sindaco repubblicano della cittadina. Si capisce che il mandato sarà allerta massima dunque mano pesantissima, come accaduto nei giorni passati nelle manifestazioni che hanno attraversato la Francia. E ieri la prova generale: nel pomeriggio è stato evacuato per mezz’ora tutto il Palais, a causa di un allarme bomba.

È facile allora capire perché un film come quello di Bonello, Nocturama, non ci sia, una storia di «terroristi» appare come una provocazione insostenibile anche se per la sua assenza nel cartellone è già divenuto un evento.

Basta però allontanarsi un poco dal Palais perché l’atmosfera cambi. I festivalieri già presenti in massa non hanno l’aria molto angosciata, anzi eccoli nel sole timido ai tavolini dei ristoranti più preoccupati di gustare le specialità locali, la pasta italiana «unica» di Laura che tutti amano (a Roma sarebbe solo per i turisti zona Vaticano), le chiacchiere, il ritrovarsi come in una specie di rituale, l’esibizione dei «capetti» che la valigia di Cannes è un’impresa di equilibrismo studiatissimo tra inverno/estate, la forma fisica e quel cenno di estetica che aiuta a dire: «Ma tu sei sempre uguale!». Accreditomuniti si mescolano ai locali, inconfondibili, la tipologia Costa azzurra meriterebbe uno studio a parte. Così i giornali «people» preferiscono le rivelazioni della mamma sulle figliole Bruni Tedeschi – specie Carla ovviamente il cui consorte troneggia in copertina del suo libro Une vie pour la France (sic) mentre le riviste specializzate aspettano l’apertura, oggi, per esibire i loro «numeri speciali».

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Che festival sarà allora questo numero 69 «minaccia terrorista» a parte che in Italia è già il festival senza film italiani — il tassista cinefilo mi dice alle 6 del mattino che certo, peccato l’Italia non ci sia… L’impressione è un po’ di un «già visto», con una selezione che ritrova i soliti noti della Croisette, film magari anche molto belli la cui unica sorpresa può essere la capacità dei loro registi di riuscire ancora a sorprendersi. Molte star, grandi nomi, rischi millimetrati nonostante il manifesto omaggio al Disprezzo di J.L. Godard (che sulla Croisette non viene da tempo), magnifico e tra i più combattuti del regista.

Frémaux invece non si può certo definire spericolato nelle sue scelte: Loach, Almodovar, Dolan, i Dardenne, Assayas, Mendoza, Mungiu, Winding Refn… Del resto non è una novità, il concorso di Cannes tende sempre confermare se stesso, forte anche del sistema francese di coproduzione che rispetto all’Italia (Mostra di Venezia) facilita il compito dei selezionatori rispetto a molti film e permette alla Francia una presenza allargata nella selezione, ben oltre i titoli nazionali — quest’anno quattro, oltre a Personal Shopper di Assayas, Rester vertical la prima volta di Alain Guiraudie in competizione, Mal de pierres di Nicole Garcia, Ma Loute di Bruno Dumont. I film importanti, quelli che rivoluzionano gli immaginari arrivano più dalle altre sezioni, lo scorso anno Le mille e una notte di Miguel Gomes era alla Quinzaine, che inaugura con il film di Marco Bellocchio Fai bei sogni, o la Semaine de la critique dove si vedrà il nuovo e molto atteso film di Alessandro Comodin I tempi felici verranno presto. Certo, ci sarebbe piaciuto vedere qui anche L’Ornitologo, il nuovo film di un alchimista degli immaginari come Joao Pedro Rodrigues, che invece non c’è. Troppo rischioso anche questo?