Carnia libera, Mattarella: «Fascismo complice della ferocia nazista»
80 ANNI DELLA REPUBBLICA PARTIGIANA Storia di coraggio e tragedia, «per l’indipendenza oltre che per la libertà»
80 ANNI DELLA REPUBBLICA PARTIGIANA Storia di coraggio e tragedia, «per l’indipendenza oltre che per la libertà»
Nel 1944, per alcuni mesi, un’area di 3.500 kmq del Friuli occidentale, comprendente circa 90 mila abitanti e una quarantina di Comuni, costituì una Repubblica partigiana che vide l’unità di tutte le forze politiche antifasciste. Anche quel territorio, dopo l’8 settembre, era divenuto parte dell’Adriatisches Küstenland, zona di operazioni sostanzialmente annessa al Reich, dove imperversavano i nazisti e i repubblichini al loro servizio ma dove la lotta di Liberazione mostrò una tale forza da creare un eccezionale spazio di libertà e partecipazione popolare. Proprio 80 anni fa, in una estate piena di speranze, la Zona libera della Carnia e dell’Alto Friuli seppe anticipare molte delle conquiste della futura Italia liberata.
Ed è nell’anniversario di quella esperienza che il presidente della Repubblica Mattarella è stato ieri ad Ampezzo (Ud) a portare il suo omaggio a «una battaglia per l’indipendenza oltre che per la libertà», come ha dichiarato «esempio di genti che non si contentarono di attendere l’arrivo delle truppe alleate ma intesero sfidare a viso aperto il nazifascismo, dimostrando che questo non controllava né città né territori, mettendo a nudo quello che era: truppa di occupazione». In un anno, il 1944, «carico di orrore» dopo che il Regno d’Italia, l’8 settembre, con quella «ambigua dichiarazione aveva di fatto permesso l’invasione» e con «fascismo e Repubblica Sociale complici della ferocia nazista».
Furono i partigiani garibaldini e osovani a liberare un Comune dopo l’altro e contò da subito l’unità tra personalità antifasciste di diversa provenienza che si allearono per costruire il nucleo di una società che desse voce e potere alla popolazione di quelle terre. «Sollecitando iniziative e partecipazione dal basso», ha ricordato Mattarella, «L’autogoverno per dare il senso della libertà contro il Credere Obbedire Combattere». Nella Zona Libera ci furono organi di gestione in tutti i Comuni, sindaci e giunte comunali vennero eletti dai cittadini con diritto di voto a chiunque fosse capofamiglia comprese, quindi, le donne. Le donne carniche, forti e generose, quelle che seppero rompere l’accerchiamento nazifascista che impediva ogni rifornimento e che, a costo di marce notturne con 50 chili nelle gerle, garantirono il raccordo con l’Intendenza partigiana Montes della pianura per l’approvvigionamento di viveri e munizioni.
Ma all’inizio di ottobre del 1944 i comandi tedeschi diedero il via all’operazione Waldläufer dispiegando alcune decine di migliaia di uomini, formazioni della X Mas e 5.000 cosacchi collaborazionisti contro la resistenza partigiana male armata. Il 10 ottobre la giunta di governo emanò le istruzioni da seguire nell’emergenza e si sciolse. I combattimenti durarono fino al 20 dicembre 1944, quando la Zona Libera della Carnia e dell’Alto Friuli cessò definitivamente di esistere.
Restarono i cosacchi che occuparono la regione con migliaia di donne vecchi bambini e cavalli e mucche e cammelli, forti dell’accordo con i nazisti per cui le truppe collaborazioniste avrebbero partecipato all’eliminazione delle Zone Libere partigiane avendone in cambio la concessione di tutto il territorio, il Kosakenland. Così i cosacchi si stanziarono in Friuli credendosi padroni e fu una seconda, drammatica occupazione, che depredò ulteriormente un territorio già provato: ancora violenze contro la popolazione, stupri, malversazioni, furti, incendi e saccheggi. Fino al maggio del 1945 con la definitiva ritirata verso l’Austria: secondo gli accordi presi a Yalta, oltre 20.000 cosacchi vennero consegnati dagli inglesi all’Unione Sovietica dove trovarono ad attenderli una pesante vendetta.
Storia di coraggio e tragedia, la fame atavica delle valli di montagna e la ferocia di un popolo in cerca di una propria terra. Storia straordinaria, per molti versi unica, nel panorama della lotta di Liberazione in Italia. Il presidente della Repubblica ha voluto onorarne il ricordo nella piazza ampezzana che porta proprio il nome di “Zona Libera 1944” e poi a Palazzo Unfer, allora sede della giunta di governo e ora sede del piccolo Museo della Carnia Libera.
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